Un’amicizia durata più 50 anni, fatta di incontri, di rispetto reciproco e di quella profondità spirituale che caratterizzava Joseph Ratzinger, uomo di Chiesa, teologo, cardinale e Papa. È quella che ha unito il Pontefice, recentemente scomparso, all’arcivescovo emerito di Milano, il cardinale Angelo Scola, così come lui stesso ha raccontato dopo la morte di Benedetto XVI, definito, nel suo messaggio di cordoglio, «un amico, ma ancor più padre».
Se, come è ovvio, anche i cardinali Martini e Tettamanzi, ebbero rapporti di conoscenza e amicizia con Ratzinger nei decenni passati, oggi è soprattutto la memoria del cardinale Scola a illuminare i tratti della loro amicizia, iniziata ai tempi della redazione della rivista internazionale di teologia, “Communio”, quando il futuro arcivescovo di Milano era un giovane sacerdote trentenne intimorito dal partecipare a incontri «eccezionali, con personalità quali Ratzinger, De Lubac, Balthasar e altri». Un confronto, poi, intensificatosi con gli importanti incarichi ricoperti a Roma da Scola, divenuto, successivamente patriarca di Venezia e arcivescovo di Milano, e con la straordinaria occasione di ricevere, in entrambe queste 2 diocesi, papa Benedetto. Indimenticabile, per noi ambrosiani, il “film” della 3 giorni nei quali, a Milano, il Papa concluse il VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Sempre con un sorriso, nei tanti momenti vissuti dall’ingresso in piazza del Duomo fino alla Messa conclusiva con 1 milione di fedeli presenti al Parco nord.
Eppure – e Scola lo ha più volte sottolineato – erano i tempi drammatici del primo Vatileaks, con un Papa addolorato che, tuttavia, sulla scaletta del aereo che lo avrebbe riportato a Roma, confidò al Cardinale come «i giorni milanesi lo avessero confortato».
Chiarissimo, il cardinale Scola, anche sul significato delle dimissioni di Benedetto XVI: «Ratzinger non fece, allora, un passo indietro, anzi penso che, come ha detto papa Francesco, abbia aperto una porta, senza in nulla intaccare il rispetto sacrale che si deve al Papa, gli spazi di libertà per la Chiesa del futuro e non soltanto per le eventuali dimissioni di altri».
Annamaria Braccini