Si è celebrata ieri a Milano, nel trigesimo della sua morte, una Messa in suffragio di Mario “Mariolino” Mauri, giornalista appassionato di politica, che ha avuto anche modo di scrivere su queste pagine. Mariolino ha lasciato segni importanti come sindaco “del” Brinzio per due manati, come direttore delle sedi RAI di Milano e Trieste, come attento osservatore e silenzioso militante della politica, dalla Base DC al PD.
Al termine della celebrazione eucaristica nella parrocchia di Santa Maria del Rosario, Marco Garzonio ha proposto a parenti e amici un affettuoso ricordo di Mariolino. Lo riproponiamo qui di seguito, facendo una gradita e doverosa eccezione rispetto ai canoni usuali dei contributi di questo blog.
Ricordo di Mariolino Mauri
Con il Mariolino se n’è andato un pezzo di noi: di giornalismo, di cattolicesimo democratico, di naturalezza, intelligenza, capacità di vivere umanamente nelle amicizie, nelle relazioni, nella fede. Sulla scia dei suoi toni ironici, che era un non prendersi troppo sul serio per ribadire quanto la vita vale, potremmo parlare per Mariolino d’un’attitudine a porsi in fiduciosa attesa: domani saremo migliori di come siamo stati oggi, se lo vorremo, se faremo bene quel che ci spetta, senza fughe, scorciatoie, autoinganni.
Di Mariolino restano molte suggestioni di cui far tesoro. Le condenso in quattro esperienze sostanziali: memoria e stimolo. Penso cioè a un uomo rappresentativo d’una città che ha cercato di sognare, che ha superato anche brillantemente impegnativi esami di maturità democratica, che ha saputo vivere le buone pratiche della politica, che ha costruito il vivere civile come tessuto capace di resistere a sfilacciamenti, consunzioni, smagliature.
Anche col contributo di Mariolino Milano – è il punto di partenza storicamente – medicate le ferite della guerra s’è immaginata metropoli fantastica, tra origini e futuro che oggi diremmo sostenibile. Penso alla città collegata al mare col Canale Navigabile sino a Cremona, nel progetto di Piero Bassetti; penso alla “programmazione” mantra di quei tempi, dei quali autorevole interprete era la Mozart School, come il Mariolino, con la sua arguzia aveva battezzato la schiera di tecnici, pensatori, umanisti affascinati da Bassetti e dal padre del regionalismo radunati in via Mozart, appunto.
Con il Mariolino in trincea Milano ha attraversato un decennio mozzafiato: attentati, strategia della tensione, terrorismo, battaglie sindacali; e ce l’ha fatta: ha salvaguardato sé stessa, democrazia, dignità. Da Corso Sempione, per un po’ insieme ad un altro amico andatosene anzitempo, Italo Uggeri, ha retto l’informazione Rai. Istituzioni, forze politiche, movimenti, giornalisti cercavano ciascuno di tirare dalla propria parte versioni, ragioni, mete. Mariolino riuscì a rappresentare un punto di raccordo serio, credibile, affidabile. Molti han dimenticato i rischi allora di “fare il mestiere” (a lui piaceva l’espressione da bottega d’arte). Ricordo un episodio: il volto cereo e la voce rotta della Claudia che mi confidò come apprese dell’assassinio di Tobagi e cosa patì. Era uscita di casa e in via Solari una conoscente le andò incontro: «Le Br hanno sparato a un giornalista qui vicino», ma non si sapeva il nome. Di colpiti ce ne son stati tanti: Montanelli, Passalacqua, Casalegno e, per il Tg, Emilio Rossi. Con Tobagi la paura salì al culmine in redazione; non ci si fermava; si cercava di non far trapelare. Figuriamoci!
Le buone pratiche della politica, oltreché gli ideali (un nome per tutti, “il Granelli”, e una casa comune: “la Base”) Mariolino le ha sperimentate mettendoci la faccia: Sindaco “del” Brinzio. Un’istituzione, una passione, un prototipo. Forse i suoi amici e compagni di strada della Dc avrebbero potuto riconoscergli qualche merito o lui rivendicarlo. Titoli ne aveva.
Ma il Mariolino, forse, più che per scranni era fatto per vivere con gli altri. Rapporti amicali, certamente: e il dono dell’amicizia fatto a me e a tanti altri (alcuni son qui) è unico, straordinario, indimenticabile, struggente per il rimpianto che sia stato troppo poco il tempo dedicato a vedersi, parlare, scavare, cercar di capire, criticare, immaginare, divertirsi. A ripensarci, però, ti rendi conto che le stesse amicizie personali erano per il Mariolino il momento sì privilegiato ma di una visione generale del cittadino animale politico attuale e alla maniera della classicità. Lui era amico della, nella, per la città, per la civitas intesa proprio come tessuto umano. Di esso magari non distingui l’ordito e vedi solo lacerazioni, pezze, rammendi, imparaticci, ma sai che c’è, tiene, che le smagliature son la ragione d’un comune sentire e della voglia di ricucire, di riconciliarsi. La fiducia tout court nel tessuto spinse il Mariolino a lavorare volontario nel carcere di Bollate, discreto, anni.
Mariolino aveva testa, capacità, preparazione, senso critico, curiosità per mettere in libri idee ed esperienze. Ma non l’ha fatto: forse per troppa serietà e rispetto, forse per disincanto, o per pigrizia. Cercai di incoraggiarlo quando mi parlò degli scritti del papà sulla guerra che glie l’aveva poi portato via. Magari Daniela ed Egi troveranno nei cassetti inediti. Penso che di qui stasera dovremmo uscire con un proposito: raccogliere alcuni scritti del Mariolino. Sarebbe l’occasione per ritrovarci qui l’anno prossimo ancora, far da tramite con le generazioni più vicina a noi e i giovani; a questi Mariolino aveva fatto da maestro in Cattolica e alla Radio che avrebbe dovuto collegare con l’Italia la Milano Martiniana, se quella ruiniana non fosse stata d’altro parere. La raccolta potrebbe partire dal fondo che il Mariolino scrisse per il 1° numero de Il Domani d’Italia, la rivista che Cooperativa Donati, Granelli, Camillo Ferrari, fior fior di firme, il Puecher come sede facemmo tra marzo del 1972 e estate 1973. Rileggo con voi: «Non lo strumento per una battaglia, ma un modo di preparare battaglie combattute con la forza della coscienza delle proprie convinzioni e non eluse con una pratica di compromessi i cui costi finiscono di regola iscritti tra le passività dei bilanci politici, e non soltanto di quelli morali, di una classe dirigente». Il Mariolino ci ha lasciato un testimone. Ci voglion mani a cui passarlo; noi facciamoci mallevadori. Nello stesso fondo a monito Mariolino rievocava «il fatale errore» dei parlamentari del Partito Popolare «di abbassare la guardia di fronte al fascismo e all’opinione cosiddetta moderata» in dissenso con Sturzo e partito. Storia, corsi e ricorsi. Chissà. Da Milano potrebbe però riprender vita quel “pensare politicamente” di Lazzati, con mezzi adeguati ai tempi, certo. Ma proprio questi tempi hanno sete di tanta, tanta formazione politica e umana: di idee, pensieri, ragionamenti, sogni, voglia di servizio. Grazie Mariolino di averci radunati stasera e di ricordarci quanto di te, del tuo esempio, del tuo calore, del tuo spirito abbiamo ancora bisogno!
Marco Garzonio