Un rito sobrio e solenne allo stesso tempo. Così l’Italia ha salutato Giorgio Napolitano, il primo Presidente della Repubblica di tradizione comunista e dichiaratamente non cattolico, tanto da avere richiesto il “funerale” laico.
Giorgio Napolitano è stato un politico sempre estremamente rispettoso delle istituzioni, che ha servito con rigore ed eleganza, tanto da indurre i media britannici a soprannominarlo “King George”.
Non ho mai avuto occasione di incontrare personalmente il presidente Napolitano e non ho neppure titoli per tracciarne un ricordo che possa avere qualcosa di originale, mi avventuro comunque in qualche considerazione sul suo stile umano e, in un certo senso, politico.
Napolitano è sempre stato fermamente convinto delle sue idee, uomo di parte come si conviene ai politici che hanno attraversato la stagione delle ideologie forti del Novecento, ma capace di calare le sue convinzioni nella concretezza della storia per tracciare strade possibili di miglioramento della vita delle persone. Fu orgogliosamente esponente della cosiddetta corrente migliorista, che auspicava una più netta modernizzazione del PCI in chiave riformista e di dialogo con il PSI.
Ma non è tanto questo che mi ha colpito di Giorgio Napolitano nell’eterno dilemma tra massimalisti e riformisti che ha segnato e segna la storia della sinistra.
Di Napolitano mi ha sempre impressionato la straordinaria capacità di costruire relazioni di forte umanità con persone molto diverse da lui e in contesti apparentemente lontanissimi dalla sua cultura di origine. Basti pensare all’apprezzamento ricevuto negli Stati Uniti o allo straordinario rapporto con i due papi che hanno accompagnato la sua presidenza, Benedetto XVI e Francesco, che non a caso ha scelto di far visita alla camera ardente, seminando scompiglio anche tra i cattolici italiani.
Mi pare che questo tratto di Napolitano ci ricordi come il fatto di mantenere rapporti cordiali e finanche amichevoli con chi è diverso da noi non sia un rischio per la nostra coerenza e immagine politica, ma sia piuttosto il segreto per poter operare autenticamente a servizio del bene comune.
Fabio Pizzul