Molti eventi a cui stiamo assistendo in questi tempi complessi hanno in comune la tendenza a manifestare una forte dose di arroganza che un amico docente ormai in pensione, Andrea Rocca, ha efficacemente definito come “esemplificativi di un pervicace revival di “bullismo” (progressivamente estesosi dal campo psicologico a quello politico; e dunque, spesso e volentieri, anche militare)”. La sua riflessione si snoda ulteriormente nell’analisi dei presupposti e delle conseguenze di tutto questo.
Vi lascio al suo ragionamento
Fabio Pizzul
Ciò accade ogniqualvolta vengono meno, perché colpevolmente screditati e indeboliti, i correttivi ‘ordinati all’intesa’, a vario titolo incaricati di mitigare l’imporsi del ‘diritto del più forte’. Una forma di regressione operante sotto traccia da gran tempo (entro al perimetro domestico, così come su scala mondiale); e che la “sentinella” profeticamente invocata dall’ultimo Dossetti non ha, quando dovuto, “sentito arrivare”.
Per quanto attiene alle guerre guerreggiate, teniamo viva la speranza dischiusa dal credo laico di Italo Calvino (“cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, dargli spazio”): facendo sì che distorte letture storiche o pregiudizi ideologici non limitino il credito accordabile a tutto quanto in un modo o nell’altro può aiutare.
Sul versante dei guasti e degli oltraggi seminati in casa nostra dal “miles gloriosus” in gonnella che da un anno furoreggia, per ora rassegniamoci: ‘casi La Russa’ (ovvero di migranti in Albania, ciechi resi vedenti o bimbi infermi da miracolare) non da oggi imperversano e chissà per quanto continueranno a imperversare. L’”indignez-vous”, sappiamo, serve a poco (specie se la metà degli elettori ancora disposti a comportarsi come tali di simili scempi non prova vergogna alcuna, e anzi se ne pasce).
Ciò che conta è additare una diversa via. Al che contribuirebbero, oltre a un “supplemento d’anima” (e qualche apporto maturato nei meandri del pensiero), un buon ‘regista’ in campo e un vero ‘coach’ in panchina.
Andrea Rocca