La straordinaria estate sportiva del 2021 e le Olimpiadi di Tokyo saranno ricordati a ungo. Dopo il trionfo agli Europei di Calcio, la finale di Wimbledon di Berrettini e tanti altri trionfi, le Olimpiadi sono state davvero eccezionali: l’anno dispari, la pandemia, l’assenza di pubblico, il record di medaglie degli atleti italiani. Per tre settimane, nonostante lo scetticismo diffuso, abbiamo ammirato e condiviso storie di sport e di vita. Una volta tanto lo sport ha messo in secondo piano business e milioni per portare sul podio passione e impegno, sogni e riscatto. Le dieci medaglie d’oro conquistate dagli atleti azzurri hanno portato con sé storie straordinarie, che non sono certo nate in poche ore, ma hanno trovato modo di emergere e di essere raccontate solo grazie alla magia dei Giochi Olimpici. Ma davvero è cambiato qualcosa nella percezione e nel sostegno dello sport italiano?
Anche i media hanno vissuto giorni particolari e hanno dato spazio ad atleti che risultavano sconosciuti anche a chi quotidianamente si occupa di sport. Abbiamo scoperto storie di grande umanità e di enorme valore sportivo che nessuno aveva mai trovato il tempo e lo spazio di raccontare: la palestra di Torre Annunziata del maestro Zurlo, dove ha cominciato a tirare pugni Irma Testa, la famiglia di Lucilla Boari, che condivide con discrezione e semplicità la medaglia e le scelte della figlia, la mamma dello staffettista d’oro Fausto Desalu, che ha dato lezioni di dignità all’interna Italia.
L’elenco potrebbe riguardare tutte le 40 medaglie conquistate dagli azzurri.
Ora dovremmo fare in modo che queste storie non scompaiano nel nulla per altri tre anni, fino alle prossime olimpiadi di Parigi. E con loro non devono scomparire neppure gli sport che ci hanno regalato emozioni e di cui nessuno parla mai. Perché un trionfo a un campionato mondiale di un cosiddetto sport minore dovrebbe valere meno di una medaglia olimpica? Non ci sono forse dietro lo stesso impegno e gli stessi sacrifici? Eppure nessuno ne parla, schiavi come siamo di una rappresentazione dello sport dettata dal business del calcio e di poche altre discipline. Abbiamo scomodato la storia per raccontare i trionfi olimpici di Tokyo; dovremmo provare a far sì che cambi la storia quotidiana dello sport italiano, che potrebbe diventare uno straordinario motore di sviluppo, benessere e felicità collettiva.
Ma su questo fronte, in Italia, abbiamo ancora tanta strada da fare. A partire dalla costruzione di una cultura dello sport che deve partire dai più piccoli: le società sportive fanno molto, dovrebbe cominciare a fare altrettanto la scuola.
E’ bello esultare per le imprese delle azzurre e degli azzurri di volley, del trionfatore della Parigi-Roubaix Colbrelli, di Jannik Sinner e di tanti altri nostri atleti, ma se a questo non seguirà un nuovo modo di sostenere lo sport e far sì che sempre più italiani possano praticarlo, trionferà ancora la nostra, per ora, inguaribile ipocrisia.
