“Lo Spirito – dice una poesia Sioux – che riempie il cosmo, dorme nella pietra, sogna nei fiori, si sveglia negli animali, sa di essere sveglio negli uomini e sente di essere vivo nella donna”.
Papa Francesco, dal canto suo, ama dire che “sempre Dio comincia con le donne, sempre”.
“Ancora una volta – dice Elly Schlein – non ci hanno visto arrivare”. C’è una “cecità”, occidentale e planetaria, che la galassia delle donne sta smascherando, giorno dopo giorno, senza violenza. Nel mondo, e nella Chiesa, c’è ancora un debito di ascolto verso di loro. Il rischio è di vedere continue tragedie, non ultima quella consumata sulla spiaggia di Cutro, senza ascoltarle in profondità, in silenzio, come ha fatto il presidente Sergio Mattarella. Le donne, lontane e vicine, a loro modo “riescono a parlare, a domandarsi insieme il senso delle cose” (Luigi Maria Epicoco), sanno ascoltare i segni dei tempi, lo Spirito libero che parla in loro. Tra questi segni, scritti nella lettera enciclica Pacem in terris (1963) di papa Giovanni XXIII, c’è “l’ingresso della donna nella vita pubblica”. Una verità che, da mezzo secolo, bussa nella storia quotidiana delle donne sulla Terra. Per papa Francesco le donne hanno una capacità di gestire e pensare totalmente differente dagli uomini: “Direi superiore a noi. Lo vediamo anche in Vaticano: dove abbiamo messo donne, subito la cosa cambia, va avanti”. Le donne sanno prendersi cura delle cose, delle persone, dell’ambiente. Dopo una missione spaziale attorno alla Terra l’astronauta Samantha Cristoforetti dice: “Svestirsi del proprio peso è un’esplosione di libertà”. Una libertà che ancora manca a moltissime donne sulla Terra.
Le donne ascoltano. In ottanta giorni il volto dell’Iran si è radicalmente modificato. La protesta nasce a Soaqez, nel Kurdistan, con la morte della ventiduenne Masha Amini colpevole di avere una ciocca di capelli fuori dal velo. In poco tempo la rivolta delle donne iraniane ha coinvolto 156 città e molte università. I focolai della rivolta sono più di 1075, la quasi totalità capeggiata da donne. In molte proteste le donne si tagliano pubblicamente i capelli. Oltre 504 le persone uccise in Iran nel 2022, più delle 314 portate al patibolo nel 2021 e delle 267 del 2020. La voce di Masih Alinejad, giornalista e attivista iraniana in esilio, nel documentario Be My Voice racconta al mondo la battaglia per le donne contro l’obbligo del velo. Una battaglia per la libertà. Un segno dei tempi nella storia del popolo iraniano. La rivolta è dilagata coinvolgendo gli uomini. Sono tantissime le studentesse avvelenate con l’intento criminale di aumentare la paura svelando, in realtà, il satrapo ricatto. Sui social aumentano i video di ragazze adolescenti che, senza velo e con i capelli sciolti, ballano nelle strade dell’Iran. Un altro video popolare, mostra delle ragazze che in persiano cantano Bella ciao. “E’ un inno bellissimo –dice Laila Basim -, un memoriale al sacrificio di esseri umani che con la loro rabbia hanno rovesciato l’oppressore”.
La storia del popolo afghano si contraddistingue da una fortissima determinazione delle donne. Quando due anni fa, i taleban tornarono al potere, furono le donne afghane ad affidare i loro bambini ai militari sul muro dello scalo di Kabul che separava la disperazione dalla speranza. Sono tante le donne afghane che hanno lasciato segni, radici indelebili. Amina, insegnante di corsi per l’imprenditoria femminile, animatrice dell’esperienza dei “taxi rosa” a Kabul, oggi è rifugiata a Roma. Zakira e la nazionale femminile di calcio afghano sono libere a Sidney con visti umanitari. Sahar insegna clandestinamente alle ragazze escluse dalla scuola. “In Afghanistan – scrive una ragazza – tutto è impossibile per le donne. Siamo come corpi morti, come giocattoli: dal giorno in cui nasciamo, sono altri a decidere della nostra vita”. Laila Basim, giovanissima attivista di Kabul, ha allestito clandestinamente una biblioteca con più di 1000 libri a disposizione delle donne di Kabul. “Amo l’Afghanistan – dice Laila Basim – Mi piacciano perfino le strade polverose e il fumo. Non paragono questo suolo ridotto in cenere con città come Parigi, New York e Londra, ma qui c’è l’odore di mia madre”. Proprio in Afghanistan le responsabilità dell’Occidente sono uno schiaffo alla democrazia. “Quando l’Occidente – dice l’attivista afghana Zarifa Ghafari – parla di diritti umani, penso: perché non il mio popolo, le mie donne, il mio Paese? Sì, mi sento abbandonata. E chiedo che l’Occidente faccia almeno quanto fa in supporto al popolo e agli attivisti iraniani. Anche in Afghanistan le donne manifestano, rischiano la vita per i propri diritti, perché non hanno lo stesso supporto? Il silenzio dell’Occidente rende i taleban più forti, li mette nella condizione di reprimere perché sanno che non ci saranno reazioni” (Avvenire, 12 febbraio ’23).
In Ucraina il numero di profughi in fuga dalla guerra, accolti in Europa, supera i tre milioni ai quali si sommano altri due milioni calcolati tra gli sfollati interni. La presenza di donne e bambini è altissima (80%). In questo esodo per la vita c’è stato il risvolto eroico di un bambino che, in solitaria, ha viaggiato per 1200 chilometri con lo scopo di ricongiungersi agli zii in Slovacchia. Sul dorso della piccola mano la mamma ha scritto il numero telefonico dei parenti che si sono precipitati ad accoglierlo alla stazione. La mamma è rimasta in Ucraina per assistere la nonna invalida. “Io fiorirò anche se ho il corpo ferito” è il canto che accompagna le donne iraniane nelle manifestazioni che dilagano nel Paese. In Iran, Afghanistan, Ucraina, Africa sta camminando una profezia. Le donne si ascoltano, si danno coraggio per affrontare la paura, costruiscono feritoie alle ferite dell’oppressione, della guerra, dell’ingiustizia, dell’ignoranza, della fame e siccità. Le donne hanno capito che non esiste il liberatore, ma donne e uomini che si liberano.
Silvio Mengotto