In questi giorni è complicato anche solo discutere di quanto sta accadendo in Israele.
Ogni commento, peggio se viene pubblicato sui social, diventa occasione di divisione: chiunque esprima un giudizio, immediatamente viene “arruolato” tra i sostenitori di una parte o dell’altra.
Affermare che Israele ha il diritto di difendersi diventa come auspicare la distruzione totale della striscia di Gaza e con essa dei suoi abitanti. Sostenere che i palestinesi devono poter essere tutelati dagli attacchi aerei e dai bombardamenti si trasforma in una giustificazione di quanto fatto da Hamas.
Il clima di guerra si è diffuso anche nei dibattiti virtuali e reali: tentare di ragionare su quanto sta accadendo e ricostruire la storia di quella terra martoriata e di due popoli che da decenni si fronteggiano senza pace sembra essere vietato dalla necessità di dire subito da che parte si sta, senza il minimo tentennamento.
E’ chiaro, almeno per me, che Hamas non può avere alcun tipo di giustificazione e quanto ha fatto è al di fuori di ogni rispetto non di regole politiche, ma della dignità dell’essere umano. D’altronde non è una sorpresa scoprire che i terroristi che si sono resi protagonisti degli assalti di sabato 7 ottobre erano imbottiti di droga: un essere umano non può giungere a certi abomini, se è sano di mente e mantiene un minimo di consapevolezza e lucidità.
Schierarsi con Israele e contro Hamas, senza magari dimenticare la sofferenza del popolo palestinese, non è però sufficiente. Non lo è per Israele immaginare di dare una lezione ad Hamas radendo al suolo Gaza e neppure per i palestinesi resistere a questa ennesima guerra senza isolare e delegittimare definitivamente Hamas.
C’è bisogno di immaginare quello che potrà avvenire dopo questa fiammata di violenza, che speriamo possa fermarsi quanto prima. Lo stesso presidente statunitense Biden ha fatto appello ad Israele perché non faccia lo stesso errore fecero a Washington dopo le Torri Gemelle.
Difficile, però, chiedere lucidità e lungimiranza a uno stato che ha subito uno dei più grand shock della sua storia, vieppiù quando l’unico linguaggio sembra essere, non solo in Israele, quello dell’odio, della violenza e della vendetta.
In un clima di questo genere, anche da noi in Italia, prosperano populismi e fondamentalismi di ogni genere, l’esatto contrario di ciò che servirebbe per identificare vie d’uscita dall’odio e dalla guerra.
Fabio Pizzul