Papa Francesco ha scelto l’Ungheria per proporre importanti riflessioni dell’Europa.
Nel suo incontro con le autorità ha usato parole precise riguardo il futuro dell’Unione Europea, parole che non hanno trovato ampio riscontro sui media, ma che credo sia importante rileggere.
“In questo frangente storico l’Europa è fondamentale. Perché essa, grazie alla sua storia, rappresenta la memoria dell’umanità ed è perciò chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico. È dunque essenziale ritrovare l’anima europea: l’entusiasmo e il sogno dei padri fondatori, statisti che hanno saputo guardare oltre il proprio tempo, oltre i confini nazionali e i bisogni immediati, generando diplomazie capaci di ricucire l’unità, non di allargare gli strappi”.
Il Papa ha citato Alcide De Gasperi, che nel 1950 affermava: “È per se stessa, non per opporla ad altri, che noi preconizziamo l’Europa unita… lavoriamo per l’unità, non per la divisione”.
Ha ricordato anche parole pronunciate da Robert Schuman il 9 maggio 1950: “Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche”; “la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”.
Papa Francesco, pensando alla martoriata Ucraina, si è anche chiesto: “dove sono gli sforzi creativi di pace?”.
E’ stato poi chiarissimo sull’idea di Europa che vorrebbe vedere crescere: “Penso dunque a un’Europa che non sia ostaggio delle parti, diventando preda di populismi autoreferenziali, ma che nemmeno si trasformi in una realtà fluida, se non gassosa, in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli. È questa la via nefasta delle “colonizzazioni ideologiche”, che eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura gender, o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di libertà, ad esempio vantando come conquista un insensato “diritto all’aborto”, che è sempre una tragica sconfitta. Che bello invece costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia – abbiamo Paesi in Europa con l’età media di 46-48 anni –, perseguite con attenzione in questo Paese, dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno”.
Parole precise, che credo faranno discutere, ammesso che qualcuno le prenda in considerazione, ma che raccontano un’Europa attenta alle persone e capace di valorizzare le differenze.
A voi piace un’Europa così? A me, francamente, sì.
Fabio Pizzul