E’ calato il sipario sullo spettacolo mediatico dell’addio a Berlusconi.
Il saluto è stato programmato come un evento che ha avuto come scenografia la città di Milano e, più in particolare, il suo cuore civile e religioso con piazza del Duomo trasformata in una grande studio televisivo. Nella piazza (tutt’altro che piena) sono state riassunti i mondi di Silvio: la TV, come detto, il Milan, con la curva che si è prestata con adeguata coreografia di bandiere, il “popolo” di Forza Italia, con divisa e distintivi d’ordinanza. La città, attorno, mi è parsa tutt’altro che ferma o bloccata per ricordare quello che si vorrebbe far passare come il “milanese” più importante degli ultimi decenni.
Dimenticavo le donne, che hanno rappresentato una sorta di ossessione per Berlusconi.
Le “sue” donne si sono mestamente presentate alla cerimonia religiosa in Duomo, nell’estremo tentativo di restituire dignità a rapporti burrascosi, tutt’altro che esemplari, contrassegnati da una passione che tutto ha travolto.
In questo spettacolo funebre, un ruolo fondamentale doveva avere la cerimonia religiosa, i funerali di stato, dovuti per un ex Presidente del Consiglio, che l’attuale Governo ha voluto caricare anche con un discutibile lutto nazionale.
La cerimonia è stata oggettivamente (e inevitabilmente) solenne, ma molto sobria e asciutta, anche dal punto di vista dei concelebranti: un solo vescovo (l’ordinario del luogo, che non poteva certo sottrarsi) e pochi sacerdoti, dal parroco di Arcore (la parrocchia del defunto) al responsabile della pastorale sociale della Diocesi, da tre preti milanesi a due rappresentanti di Caritas Campania (sic!), dieci in tutto. Chiaro segnale di freddezza da parte di una chiesa che, se per molti anni con alcuni suoi esponenti ha flirtato con il defunto, oggi non si pone certo nella posizione di chi lo addita come esempio. Nonostante i tentativi della stampa a lui amica, che sa tentando di arruolare anche mons. Delpini e l’omelia pronunciata ieri in Duomo.
Personalmente do una lettura diversa: l’intervento dell’Arcivescovo di Milano credo abbia tentato di smontare il mito Berlusconi descrivendo la sua dimensione umana, spesso debordante e non certo esemplare, e sottolineando come, alla fine, rimane un uomo che ora è di fronte a Dio. Nessun elogio e nessuna indulgenza per quello che “è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà”, ma rimane “un uomo e ora incontra Dio”.
Lo spettacolo è finito. Rimane un mausoleo privato, che racconta di un uomo che ha voluto mangiare la vita e ha avuto una straordinaria capacità di interpretare e rappresentare i desideri e le passioni degli uomini, ha creato un impero economico e tanto lavoro, mettendo al centro se stesso, con l’ossessione di piacere a tutti e l’idea che tutto potesse essere comprato e goduto. Da imprenditore di successo ha provato a diventare uomo di stato, con il rischio di trasformare quest’ultimo (che non ha mai amato) in azienda.
Resta un patrimonio economico enorme da gestire e un’eredità politica tutta da definire, che rischia di diventare un mito legato alle ceneri custodite nel mausoleo di Arcore, estrema privatizzazione di una vita che ha voluto mescolare pubblico e privato spiegandoci che proprio quest’ultimo deve essere la misura e il fine di ogni cosa.
Fabio Pizzul
Grazie Sig. Fabio ottimo e centrato scritto. (Sa che ho detto a mia moglie : vuoi vedere che viene a celebrare il suo amico Fisichella? l’omelia sarebbe stata diversa ).