Torniamo a parlare di comunità per capire come questa dimensione entra a contatto con la politica attraverso un partito come il PD.
Chi ha occasione di partecipare a riunioni di qualche circolo o ad assemblee del Partito Democratico sente spesso parlare di comunità. Il partito viene spesso definito come comunità in cui gli iscritti o, come spesso vengono definiti, i militanti si riconoscono e si sentono sostenuti, accolti, promossi nella possibilità di dare il proprio contributo alla costruzione di un progetto politico da mettere a disposizione della comunità (ecco che torna il termine) nazionale.
Ma davvero un partito come il PD può oggi essere considerato una comunità?
Non sta a me offrire una risposta a questa difficile domanda, ma la sensazione è che i partiti, ormai, non escluso il PD, siano diventati strutture per organizzare il consenso o, più brutalmente, comitati elettorali.
Vorrei però fare qualche considerazione sul rapporto tra partito e comunità a partire dalle principali tradizioni che hanno dato vita al Partito Democratico.
Nella tradizione socialista e comunista il partito è stato storicamente identificato con la comunità di riferimento e di appartenenza: per il proletariato la dimensione comunitaria si sostanziava nel partito attraverso le mediazione della fabbrica, piuttosto che del sindacato. La comunità politica e le sue relazioni diventavano modello per una convivenza civile che veniva modellata dalla dimensione comunitaria del partito.
La tradizione cattolica aveva un approccio affatto diverso: la comunità, fosse essa familiare piuttosto che ecclesiale o sociale, ha sempre avuto una propria vitalità e autonomia trovando nel partito, che nel dopoguerra per lunghi decenni è stato la Democrazia Cristiana, un luogo in cui venire rappresentati e far rifluire la propria vita sociale.
Una delle questioni irrisolte del PD è forse proprio questo diverso approccio al partito come comunità piuttosto che come luogo di riconoscimento e rappresentazione di altre comunità.
La sfida di un partito moderno, e probabilmente anche quella del prossimo congresso PD, è quella di tentare di comporre questi diversi approcci alla comunità. Possono coesistere in un unico partito o sono destinati a dover prendere atto di un’incomponibile differenza?
Fabio Pizzul