Festeggiare il 25 aprile è riconoscere quanto siamo debitori di coloro che ci hanno consegnato una nuova libertà. Non era scontato che l’Italia uscisse dalla Seconda Guerra Mondiale e dal ventennio fascista come paese libero e democratico. Non era neppure scontato che superasse, grazie alla lungimiranza dei padri costituenti, le drammatiche fratture che due guerre e una dittatura avevano lasciato dietro di sé.
Se non si fosse costruita una visione condivisa attraverso la lotta per la liberazione e il comune sacrificio per la libertà, non esisterebbe la Repubblica Italiana. La Resistenza e il determinante apporto degli Alleati hanno strappato l’Italia alla dittatura e fondato i successivi passi della nostra democrazia sull’antifascismo. Una scelta, quella antifascista, che ha assunto certamente coloriture diverse, ma è diventata capacità di aprirsi a un futuro diverso.
Il 25 aprile ricorda tutto questo e partecipare alle manifestazioni previste in tutta Italia ha un significato profondo: testimoniare in prima persona l’impegno a non dimenticare e a continuare a costruire la possibilità di riconoscersi tra diversi, nel comune impegno per la democrazia e la difesa della libertà.
Per questo credo del tutto inaccettabili i tentativi di revisionismo storico: deve rimanere chiaro che la libertà e la democrazia sono state conquistate in Italia perché, con tutte le contraddizioni e i drammi legati a una condizione di guerra e di violenza, c’è chi si è schierato dalla parte giusta.
Credo però che il 25 aprile non debba essere celebrato contro qualcuno, ma debba essere la festa della democrazia e della libertà che oggi in Italia sono patrimonio di tutti.
Ho sempre provato disagio nel constatare come la manifestazione nazionale milanese del 25 aprile sia stata considerata da alcuni gruppi come un’occasione per attaccare qualcun altro, quasi questi fosse indegno della libertà che chi ha vissuto la Resistenza ha conquistato per tutti gli italiani.
L’antifascismo credo debba essere una pre-condizione per costruire un futuro condiviso e non un’arma per regolare i conti con nemici di ieri e di oggi.
Fabio Pizzul