Un meme di cattivo gusto che sta girando sui social propone causticamente di dare il premio Nobel per la medicina a Vladimir Putin, perché in una settimana ha fatto sparire il Covid. In effetti, la pandemia è praticamente sparita dalle pagine dei giornali e dalle scalette dei TG. Di fronte al dramma della guerra in Europa è normale, direte voi, ma è singolare come nel giro di poche ore possa cambiare l’agenda delle nostre priorità.
Forse la pandemia andava relativizzata un po’ prima, senza abbandonare la prudenza sempre necessaria. Forse tutti noi dovremmo imparare a mettere un po’ d’ordine nelle priorità delle nostre discussioni e preoccupazioni, sempre più influenzate da media e, in particolare, social media.
A questo proposito, dovrebbe farci riflettere anche il repentino cambiamento di atteggiamento nei confronti dei profughi. La vera e propria gara di solidarietà a cui stiamo assistendo in questi giorni non era scontata ed è un bel segnale di sensibilità e attenzione. Non era scontata neppure la reazione collegiale dell’Unione Europea e anche questa è una buona notizia.
Tutto ciò non toglie nulla al dramma dell’Ucraina e non sposta di un millimetro il rischio che ci sia un’escalation del conflitto, a fronte di un Vladimir Putin che pare isolato nella sua follia, o almeno quella che il resto del mondo giudica tale.
La reazione corale della comunità internazionale è un segnale confortante, ma lascia aperte tutte le incognite di una situazione ancora delicatissima e drammatica per le conseguenze sulla popolazione.
Non possiamo che rallegrarci, infine, del fatto che non ci sia nessuno che intenda negare l’accoglienza di chi fugge dalla guerra in Ucraina, ma chi viene dall’altra parte del Mediterraneo vien forse da noi per turismo?
La guerra è guerra ovunque essa si manifesti, ma evidentemente il fatto che sia scoppiata alle porte dell’Europa mina alla radice molte delle certezze che ci eravamo illusi di poter avere. Forse questo ci pone nelle condizioni di immedesimarci in modo diretto nel dramma di chi deve fuggire dal proprio paese. Forse questo ci consentirà domani di guardare con occhi diversi ogni altro profugo.
Fabio Pizzul