L’invito che Maria, in modo dolce ma perentorio, rivolge a Gesù a Cana di Galilea è lo spunto da cui è partito Silvio Mengotto per scrivere una lettera aperta a commento delle recenti elezioni politiche.
La rilanciamo anche qui su “Pensieri Politici” , anche se è un po’ fuori formato rispetto a consueti interventi, perchè credo offra interessanti spunti di riflessione su un momento politico molto delicato, a partire dalla disaffezione al voto, dalle fatiche dei cattolici, da possibile nuove dittature che non sanno di fascismo quanto di consumismo e dalla necessità di trovare nuove strade di impegno e responsabilità.
Perdono l’amico Mengotto per l’improvvida (ma gradita) citazione iniziale e spero che la sua lettera susciti un dibattito che volentieri faremo risuonare anche su queste “pagine”.
Fabio Pizzul
Cari amici e amiche, Fabio Pizzul e Roberta Osculati settimanalmente tengono un prezioso diario, dedicato alla loro attività di servizio alla politica, che leggo volentieri. Li ringrazio invitandoli a non mollare questa virtuosa abitudine. Questa settimana invitano rispettivamente a riflettere sul “buco nero in cui si è cacciato” il PD e ai “segni dei tempi” che il risultato elettorale del 25 settembre ’22 ha manifestato con chiarezza cristallina. Credo che i problemi hanno iniziato a germogliare molti anni fa consolidandosi, chi più chi meno, nella classe dirigente italiana, in particolare nelle segreterie (a volte mi sono sembrate sagrestie della politica) dei partiti. Queste le mie riflessioni.
“Non hanno più vino”
Maria, alle nozze di Cana, si accorge che incomincia a mancare qualcosa di importante per la festa delle nozze. Rivolgendosi a Gesù dice: “Non hanno più vino”, manca la gioia, manca una visione positiva della vita. Nel libro dei Proverbi si dice che quando il popolo non ha più visioni, un sogno, un progetto, la politica muore! E’ quello che la “sfiducia” al governo Draghi ha ratificato nell’incomprensione della maggioranza degli italiani e delle cancellerie europee e mondiali.
Si è voluto spezzare un cammino di speranza che, pur nelle mille difficoltà, si era faticosamente aperto con il popolo italiano proprio nel momento più delicato della storia del Paese e di quella internazionale (pandemia, guerra in Eucraina, clima della Terra). Questo chiudere repentinamente il ponte levatoio tra il Palazzo e i cittadini è peggiore della crisi di governo. Tutti i cittadini, contrariamente al dettato costituzionale, da oltre vent’anni non possono più scegliere (cioè partecipare) liberamente i loro rappresentanti istituzionali in Parlamento e in Senato. Tutte le segreterie dei partiti hanno concordato questo grave strappo costituzionale, gestendo in proprio il diritto di scegliere loro scavalcando i cittadini. (invito a rileggere e studiare questi articoli della Costituzione: 1 – 49 – 54 – 67).
Questa realtà ha concorso nel proliferare, cementificare, il malessere dei cittadini verso la politica. E’ logico che il tasso di astensionismo, di forte delusione verso la politica, è in costante aumento come si è registrato nella recente consultazione. Questo “malessere” è stato cavalcato dalla paura in modo strumentale generando nella società, la diffusione del populismo sovranista a discapito del popolarismo e della democrazia. Le “paure” vanno affrontate altrimenti vengono strumentalizzate e cavalcate.
Da troppo tempo i cattolici hanno dimenticato (o sotterrato?) la loro “originalità” trasformandosi sempre più in fotocopie, magari belle, ma sempre fotocopie nella società, nella politica, nelle parrocchie dove la dottrina sociale della Chiesa è diventata un tabù. Proprio in questo momento l’originalità della storia della Chiesa suggerisce di concentrarci sulla riscoperta, non ideologica o moralista, nel concorrere alla costruzione del “bene comune” e della pace anche attraverso un dialogo che non è decollato. “Sarà un dialogo – dice il card. Matteo Zuppi – che avrà sempre al centro la bellissima Dottrina sociale della Chiesa, che ha tanto da dire oggi nelle sfide cui dobbiamo far fronte. E ciò significa la difesa della persona, la difesa dei diritti individuali e dei diritti della comunità”. Paolo VI diceva che la politica “è l’espressione più alta della carità cristiana”. Lo si capisce bene frequentando le periferie della vita dove si è affermata la pratica dello scarto, degli scartati. Non è un caso (esprimo un mio personale parere) se papa Francesco trova più ostacoli interni alla Chiesa quando la esorta evangelicamente ad “uscire” da sé stessa, sia per sentire “l’odore delle pecore”, sia perché i problemi si capiscono meglio in periferia che seduti alla scrivania. Sono troppi i cattolici che preferiscono il maquillage al Vangelo!
Le sirene del presidenzialismo
I numeri dicono che in Parlamento Giorgia Meloni è il doppio dei suoi alleati (Lega e FI). Una maggioranza schiacciante che, di fatto, ratifica l’esistenza di una destra/destra a discapito di un centro-destra inesistente e al lumicino.
Il presidenzialismo è uno dei cavalli di battaglia di Giorgia Meloni, credo sia la risposta sbagliata ad un problema vero: la democrazia dei cittadini. Ricordo che due autorevoli presidenzialismi, americano e francese, sono in crisi per un problema di democrazia non istituzionale. Grazie alla sua coerente opposizione parlamentare, oggi Giorgia Meloni è in una posizione di rendita. A livello governativo c’è il rischio che possa esprimere una “visione” populista, o l’esercizio di una democrazia sovranista dove la maggioranza bloccherebbe l’esercizio democratico dell’opposizione. E’ quello che è accaduto in Ungheria con Orban. A mio parere la riforma costituzionale presidenzialista comporterebbe lo stravolgimento dei principi fondamentali e della Costituzione. Le ripetute dichiarazioni di Giorgia Meloni al senso di “responsabilità” sono interessanti, ma dovranno essere verificate nei fatti, nel programma di governo e, soprattutto, nella scelta dei ministri.
La sovranità del popolo, di cui parla giustamente Giorgia Meloni, deve essere intesa e interpretata alla luce dei principi fondamentali della nostra Costituzione, altrimenti si scivola nella calamita pericolosa del sovranismo autoritario. Il primo principio fondamentale della nostra Costituzione dice che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Una delle forme e limiti della Costituzione è proprio il metodo di elezione del Presidente, con le camere del Parlamento e Senato in seduta comune. Altra cosa è ragionare sulla garanzia di un governo stabile per l’intera legislazione. In questo caso si ragionerebbe sul capo del governo e non sul presidente della Repubblica. Credo sia un cammino compatibile e rispettoso della Costituzione italiana. Il Presidenzialismo è un pericoloso terremoto istituzionale per la nostra Costituzione tra le più invidiate al mondo. E’ bene ricordare che, unica al mondo, l’articolo 11 dice che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Articolo da proporre all’Europa, all’ONU.
Giorgia Meloni si è preparata per il passaggio. In anni non sospetti ha raccolto le firme per un referendum popolare sul presidenzialismo che, a tempo opportuno, sarà materia di dibattito e scontro parlamentare e nel Paese. Un passaggio sottovalutato dalle forze progressiste e di sinistra. Le sirene del presidenzialismo non vanno sottovalutate, possono aprire spazi divisivi, pericolosi, nel Paese e nel popolo che ha bisogno di essere “illuminato” non strumentalizzato. Giorgia Meloni la si batte sulle idee e proposte, è donna (segno dei tempi) cattolica preparata, determinata, con esperienza di governo. E’ atlantista ma vicina alle posizioni antieuropeiste di Le Pen e Orban.
I pellerossa, Pasolini, la piccola Greta e papa Francesco hanno ragione
Chiedere a Giorgia Meloni la soppressione della fiamma nel simbolo elettorale è stata una illusione in buona fede. Il vero pericolo non è il fascismo, ma il neo-fascismo di cui i partiti, i cittadini, non avvertono il pericolo e la presenza. Il neo-fascismo, non avendo un partito di riferimento, ha un volto nuovo, inedito, subdolo e trasversale nella società e nel popolo italiano.
Pasolini aveva ragione! Paradossalmente, nel centenario della sua nascita, ci siamo dimenticati della sua profezia da aggiornare ma validissima. Avvertiva che il volto del fascismo aveva assunto una modalità sottile, più omologante del ventennio fascista individuando nel consumismo il suo volto “inedito” e totalitario.
“Questo nuovo fascismo – scrive Pasolini nel 1974 -, questa società dei consumi, invece, ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell’intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali. Non si tratta più, come nell’epoca mussoliniana, di una irreggimentazione superficiale, scenografica, ma di una irreggimentazione reale che ha rubato e cambiato l’anima. Il che significa, in definitiva, che questa “civiltà dei consumi” è una civiltà dittatoriale. Insomma se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, “la società dei consumi” ha bene realizzato il fascismo”. Ci siamo dimenticati anche dello storico, e cattolico, Pietro Scoppola convinto che il vero pericolo non era il comunismo ma il consumismo.
Anche papa Francesco si è avvicinato moltissimo alle considerazioni di Pasolini. “Il consumismo edonista – Gaudate et exultate – può giocarci un brutto tiro, perché nell’ossessione di divertirsi finiamo con l’essere eccessivamente concentrati su noi stessi, sui nostri diritti e nell’esasperazione di avere tempo libero per godersi la vita. […] Anche il consumo di informazioni superficiale e le forme di comunicazione rapida e virtuale possono essere un fattore di stordimento che si porta via tutto il nostro tempo e ci allontana dalla carne sofferente dei fratelli. In mezzo a questa voragine attuale, il Vangelo risuona nuovamente per offrirci una vita diversa, più sana e più felice”.
Questa “società dei consumi”, che si è dilagata nella comunicazione attraversa i popoli annebbiati dal falso progresso, a livello planetario è responsabile del degrado ambientale esploso in tutto il pianeta. Avevano ragione i pellerossa, le tribù dell’Amazzonia che, nella loro esperienza avevano capito la necessità del rispetto e dell’armonia con la natura e la Madre terra. Il consumismo, specie quello esasperato, è l’esatto opposto: disprezzo della natura e il suo saccheggio con conseguenze catastrofiche (vissute quasi quotidianamente) in tutto il pianeta. La politica senza “visione” muore e ci porta a questi risultati. La critica al consumismo, al degrado ambientale e la necessità di una nuova economia mondiale si trovano nella lettera Laudato sì che, profeticamente, papa Francesco ha voluto donare al presidente americano Trump in visita al Vaticano.
Ricordo che Greta Thunberg, giovanissima ragazza svedese, si batte da anni contro i mutamenti climatici, sino ad incontrare i responsabili della terra all’ONU. La giovane svedese per diverse volte ha trascinato a manifestare, a livello planetario, i giovani a manifestare contro i cambiamenti climatici. “Ho ringraziato il Papa per la lotta per il clima e lui mi ha detto: “Vai avanti, Greta!” Queste le parole che Greta Thunberg ha raccontato dopo l’incontro con Papa Francesco in piazza San Pietro anni fa. “I giovani – Laudato sì – esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi”. “Non so se ti rendi conto – dice Dacia Maraini nel suo ultimo libro a Pasolini – della attualità del tuo pensiero di quegli anni, Pier paolo. Quasi quasi ti direi che entri in sintonia con la piccola Greta, dalle treccine striminzite, la bambina che sta scuotendo il mondo con le sue proteste contro l’incuria e la devastazione delle ricchezze naturali dovute alla ingordigia umana”.
Sono convinto che i giovani, a loro modo, stanno cercando un senso per la loro vita personale e collettiva. Sono moltissimi i giovani che, insieme a Vasco Rossi, cantano la sua canzone: “voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non c’è l’ha. Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non c’è l’ha”. Un grido, un “segno dei tempi” che chiede di essere ascoltato non strumentalizzato.
“Sempre Dio comincia con le donne, sempre” (papa Francesco)
Nella Chiesa, nonostante i lodevoli sforzi di papa Francesco, rimane ancora un debito di ascolto nei confronti della donna e delle donne. Credo che questo “debito” si possa estendere anche nella società e globalmente sulla Terra. In questi ultimi decenni tra i “segni dei tempi” che sono fioriti globalmente sul nostro pianeta c’è la presenza sempre più importante e determinante delle donne nella società, nella politica, nell’economia, nella scienza, nelle istituzioni. A questi segni ce ne sono altri negativi: i femminicidi in aumento, la tratta delle donne, le discriminazioni culturali e altro. Segni dei tempi che interrogano le nostre coscienze e responsabilità. In Iran, e non solo, le donne insieme agli uomini stanno camminando, manifestando, uccise per un futuro più umano e universale per tutti. Hanno bisogno anche del nostro aiuto, della nostra comprensione e solidarietà senza l’errore di confonderlo con i sentieri della democrazia. Certamente i leader politici sono importanti, ma bisogna mettere a fuoco il sogno, il progetto, altrimenti Maria, una donna, ci dirà ancora: “non hanno più vino”.
Silvio Mengotto
4 ottobre 2022