Il 22 maggio 1873, 150 anni fa, moriva Alessandro Manzoni, a tutti gli effetti uno dei padri della lingua e della cultura italiana. A dispetto dell’obbligo di leggerlo durante il secondo anno della maggior parte degli istituti delle nostre secondarie superiori, che lo hanno fatto andare di traverso a generazioni di studenti, i “Promessi sposi” sono il romanzo dell’unità d’Italia, dal punto di vista linguistico, culturale e spirituale.
In questi giorni si sprecano le parole e si moltiplicano le celebrazioni di “don Lisander” e proprio oggi il Presidente della Repubblica Sergio Matterella sarà a Milano per rendere omaggio alla memoria di Manzoni, prima al Famedio del Cimitero Monumentale, dove un’urna custodisce le spoglie del grande scrittore, poi in via Morone, dove sorge Casa Manzoni, l’ultima dimora che custodisce anche il letto di morte dell’autore dei “Promessi sposi”. Questa sera il Duomo di Milano, ospiterà l’esecuzione del Requiem, che un altro “padre” dell’Italia, Giuseppe Verdi, compose per celebrare il primo anniversario della morte di Manzoni.
Il senso della storia per come proposto dai “Promessi sposi” è un disegno che trae il suo significato da una rettitudine che affonda le radici in una fede inquieta, ma capace di abbandonarsi all’imperscrutabile disegno di Dio che si manifesta nella “provvidenza”.
Manzoni credeva nella forza della parola, al punto che il lavorio per limare e rendere il più possibile esatto il linguaggio del suo romanzo impegnò diversi decenni della sua vita.
Anche nei momenti più drammatici e apparentemente disperati, la parola, il parlare, può aprire “una breccia perfino nei cuori più induriti”. Il virgolettato è di papa Francesco, che parla di Manzoni e dei “Promessi sposi” nel messaggio per la 57^ Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si è celebrata proprio ieri. “Penso” scrive il Papa “a quella pagina memorabile del cap. XXI dei Promessi Sposi in cui Lucia parla con il cuore all’Innominato sino a che questi, disarmato e tormentato da una benefica crisi interiore, cede alla forza gentile dell’amore. Ne facciamo esperienza nella convivenza civica dove la gentilezza non è solo questione di “galateo”, ma un vero e proprio antidoto alla crudeltà, che purtroppo può avvelenare i cuori e intossicare le relazioni”. Da Francesco giunge un invito a chi si occupa professionalmente di comunicazione e di media a comunicare con il cuore, in maniera cordiale: “Ne abbiamo bisogno nell’ambito dei media, perché la comunicazione non fomenti un livore che esaspera, genera rabbia e porta allo scontro, ma aiuti le persone a riflettere pacatamente, a decifrare, con spirito critico e sempre rispettoso, la realtà in cui vivono”.
Fare esercizio di cordialità e di rispetto delle persone: mi parrebbe davvero un bel modo di ricordare Alessandro Manzoni, maestro indiscusso e insuperabile di comunicazione e di umanità.
Fabio Pizzul