Un anno fa, all’alba del 24 febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine di invadere la vicina Ucraina dando inizio a un conflitto che ha stravolto l’esistenza di milioni di uomini, donne, bambini: c’è chi ha perso tanto, c’è chi ha perso tutto. La storia di un nuovo disordine mondiale, la storia di persone che sono diventate nei racconti di giornali e televisioni numeri: 7mila vittime, migliaia di feriti, 8 milioni di sfollati costretti a lasciare il proprio Paese sotto le bombe. Una guerra che ha fatto riaffacciare in Europa lo spettro di violenze e crimini umanitari contro i civili come a Bucha, dove sono state trovate decine di fosse comuni, o a Mariupol, dove è stato bombardato il teatro che dava rifugio a molti sfollati ed era segnalata la presenza di non combattenti.
Un conflitto che chiama tutti in causa, e non accetta più il non schierarsi. Un conflitto che ha visto la Nato passare da alleanza “in stato di morte cerebrale”, come l’aveva definita il presidente francese Emmanuel Macron, a istituzione guida dell’Occidente contro la guerra decisa da Putin. Un conflitto che non deve far dimenticare l’annessione arbitraria della Crimea da parte della Russia e di come nelle province orientali, a maggioranza filorussa, si continui a sparare e a morire dal 2014, quando ebbe inizio un’insurrezione separatista sostenuta e fomentata da Mosca. Quello che abbiamo davanti agli occhi, da un anno, è il risiko di un Paese che vuole pareggiare i conti con la storia – a livello geografico – e non ha esitato a piegare a questo progetto di potere anche la Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca. Un disegno che potrebbe coinvolgere altre nazioni, come la Moldavia e la Georgia,che hanno liberamente scelto un cammino fuori dall’ex Unione Sovietica.
Uno scontro di valori. I nostri valori. Perché se iniziamo a cambiare prospettiva, non si tratta di una guerra in Ucraina, ma di una guerra di Putin contro l’Occidente che ha deciso di interrompere 77 anni di pace europea, ricordandoci che la libertà non ha prezzo, non è negoziabile, ma ha un costo e richiede vigilanza. Siamo disposti a difendere in tutti i modi la democrazia, scegliendo i nostri interlocutori (anche in altri conflitti in corso) anteponendo la libertà agli interessi economici? Siamo disposti a sostenere chi ha scelto di emanciparsi dai regimi autoritari e non di allontanarsi dalla democrazia liberale? Ripartiamo dalle parole di David Sassoli, ex presidente del Parlamento europeo, pronunciate al lancio della Conferenza sul futuro dell’Europa di Strasburgo il 9 maggio 2021: «Quante volte, andando fuori dallo spazio europeo siamo visti con occhi pieni di ammirazione per quello che abbiamo costruito e per i nostri modelli di vita?… I nostri sistemi democratici devono costantemente adattarsi ed evolversi per soddisfare le nuove realtà che affrontiamo. La democrazia si costruisce ogni giorno… Siamo coraggiosi, non dobbiamo averne paura».
Silvia Morosi