Una delle regole non scritte del populismo è che non si può dare troppo peso alle parole, che devono colpire e convincere, non corrispondere alla realtà. E’ per questo che i populisti si sentono a loro agio utilizzando toni ultimativi, consapevoli che tanto nessuno chiederà poi loro conto del fatto che la realtà è un po’ diversa: così fan tutti, d’altronde, e l’importante è esagerare, sapendo che c’è sempre una via d’uscita che consente a tutti di salvare la faccia e la poltrona.
E’ forse per questo che la scelta di Mario Draghi di rassegnare le dimissioni da Presidente del Consiglio dei Ministri ha lasciato molti a bocca aperta. Chi è abituato ai “penultimatum” non poteva certo pensare che ci fosse qualcuno, in una politica italiana dove valgono più le dichiarazioni sui social degli atti parlamentari, che prendesse sul serio parole che servivano a rifarsi il look e non certo a segnare una strategia politica per i prossimi mesi. D’altronde, si sa, si alza la voce e si minaccia sfracelli per ottenere qualche riconoscimento simbolico da poter dare in pasto ai propri elettori, mica si vuole davvero cambiare le cose, non esageriamo. Nessuno ha creduto davvero a Mario Draghi quando sosteneva, senza toni enfatici, di non avere alcuna intenzione di continuare un’esperienza di governo che non avesse la possibilità di portare a termine le cose sui cui si era impegnata a dare risposte. Le sue parole sono sempre state considerate un vezzo di chi vuole apparire estraneo ai giochi della politica, ma sa perfettamente che non può che adeguarsi agli stessi, se vuole continuare a occupare ruoli di prestigio. L’errore è stato proprio questo: considerare Draghi ostaggio di partiti che, per esigenze di consenso, possono permettersi di dire qualsiasi cosa. Tanto gli altri capiranno, perché poi lo faranno anche loro. La stagione del populismo, evidentemente, non è finita, ma è chiaro che Draghi non vuole in alcun modo essere annoverato tra coloro che la sostengono o anche solo la sopportano. Non nascerà un partito di Draghi, ma credo che tanti italiani si riconoscano più in Draghi che nel populismo, più o meno dormiente, di molti altri veri o presunti capi-popolo.
Fabio Pizzul