Sono passati 10 anni da quel 3 ottobre 2013, quando 368 giovani vite morirono a pochi centinaia di metri dalla spiaggia di Lampedusa. Uno dei più grandi naufragi. Molti di noi non dimenticano le immagini delle centinaia di bare allineate.
A quel dramma ne sono seguiti altri, senza tregua: dal bambino siriano morto sulla spiaggia, al ragazzo con in tasca la pagella, alle tante donne incinte tra le vittime. Le drammatiche sequenze visive continuano ad accompagnarci, ma non a scuoterci. Dopo un minimo di emozione al momento, sperimentiamo sulla nostra pelle la globalizzazione dell’indifferenza.
Dieci anni di indifferenza, accompagnati da un vuoto istituzionale che non avremmo voluto vedere. Anche se oggi si celebra la “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”, istituita con legge dello Stato nel 2016, a Lampedusa, alle cerimonie di commemorazione ci saranno studenti da tutta Italia, società civile, organizzazioni umanitarie, organismi internazionali (Olm, Unhcr, Unicef) ma non il governo italiano. È una scelta politica precisa.
Quello stesso Governo che altrove ha scelto di “metterci la faccia” (a Caivano), che ha trovato il tempo di deporre una corona al monumento di Cristoforo Colombo a New York, oggi manda un segnale chiaro. A Giorgia Meloni e ai suoi ministri non solo manca il coraggio politico di esprimere solidarietà ai parenti delle vittime di quel naufragio del 2013 e ai sopravvissuti. È che esprimere solidarietà gli fa perdere consenso. Sono precisi calcoli politici che costellano e alimentano la propaganda sui migranti. È marketing politico. Un Governo, che a suon di decreti cammina spedito verso la disumanità fatta legge, smarrisce anche il senso della memoria. E sì, perchè la memoria ha una forza straordinaria, unisce generazioni e alimenta quell’ethos pubblico di cui si nutre una comunità. La memoria inchioda alla responsabilità.
Al Governo italiano, oggi 3 ottobre, interessa trascinarci nell’oblio, per continuare ad agitare il fumo della propaganda sulla pelle dei migranti, per annebbiare la mente di noi, cittadini elettori.
Chiara Tintori