La fine della relazione tra Giorgia Meloni e Andrea Giambruno, annunciata con un tweet dalla Presidente del Consiglio, ha fatto letteralmente il giro del mondo. La relazione tra Meloni e Giambruno è un problema loro (e soprattutto della loro figlioletta), ma credo che la vicenda offra lo spunto per riflettere sul nostro rapporto con i social.
Ormai rischiamo di essere per gli altri quello che di noi raccontiamo o rappresentiamo sui social, dallo stato WhattsApp alle storie su Instagram passando per un reel su Youtube o un post su Facebook. La rappresentazione di noi stessi supera la capacità di vivere appieno l’esperienza fisica di essere in un luogo: è più importante il selfie di me medesimo davanti a un monumento del godimento che mi offre la possibilità di essere fisicamente proprio in quel luogo. La mia identità si costruisce sull’immagine che di me riesco a fornire in una rete che diventa più vita della mia vita concreta. Lo stesso accade per gli incontri, le discussioni, i dibattiti, i convegni… Se pensiamo che quasi la metà di giovani statunitensi inizia una relazione attraverso un’app di incontri, la prospettiva a cui andiamo incontro è chiara e inquietante. Perché fare la fatica di muoversi e di avere a che fare fisicamente con gli altri quando possiamo risolvere questi “problemi” più velocemente ed efficacemente?
Forse, però, ci perdiamo qualcosa. E perdono qualcosa anche le nostre attività. Politica compresa. Pensare che il chiacchiericcio su Whattsapp o i commenti su Facebook ci garantiscano il confronto e le discussioni che sono alla base di qualsiasi attività politica significa probabilmente uccidere la politica, che dovrebbe essere l’arte dell’incontro e del saper prendere decisioni comuni. E probabilmente significa anche dare il via libera ad ogni mistificazione e relativismo, d’altronde basta vedere quello che sta accadendo anche a proposito della guerra in Israele: a seconda del social che frequentiamo saremo convinti che il razzo che ha colpito l’ospedale di Gaza arrivi da Israele o da Hamas. Nella rete tutto è relativo. Alla fine, forse, anche le nostre convinzioni e la nostra stessa vita reale.
Fabio Pizzul
Ed è preoccupante il fatto che troppe persone, a quasi tutte le età, si affidino alla prima notizia che leggono sul proprio smartphone, senza verificarne la provenienza, la veridicità, e, spesso, neppure il giorno e l’ora della notizia pubblicata!
Ascoltare, osservare, informarsi confrontando ed analizzando le notizie sembra sia diventato più difficile e, talvolta, persino inutile!
Se ci si affida soltanto a brevi messaggi, spesso frammentati da inglesismi ed acronimi, sarà sempre più difficile fare analisi serie.
Però, quando capita, è meglio provare a far riflettere chi ci sta intorno.