Le olimpiadi invernali di Pechino 2022 con neve solo artificiale, l’inserimento del nucleare e del gas naturale nella tassonomia europea (la classificazione degli investimenti ritenuti sostenibili), i labirinti burocratici delle energie rinnovabili in Italia, i troppi casi di greenwashing di aziende, che continuano a macinare utili sui combustibili fossili pubblicizzando eventi sostenibili, sono solo alcune pietre di inciampo sul cammino della transizione ecologica.
Che l’espressione fosse più facile a dirsi che a farsi, era chiaro a molti. Ma che portasse così tanti e a diversi livelli ad accartocciarsi su piccole e grandi incoerenze un po’ meno.
O forse ci siamo illusi che, siccome senza transizione ecologica le nostre intenzioni di contrasto ai cambiamenti climatici restano dei ‘bla, bla, bla’, l’avremmo presa tutti molto, ma molto, più seriamente.
Perchè riusciamo ad emozionarci dinnanzi all’emergenza ambientale di turno, causata da fenomeni metereologici estremi, mentre quando c’è da fare un passo davanti all’altro (non dietro) sul cammino della transizione energetica ed ecologica, barcolliamo? Come comporre interessi contrapposti senza che i costi sociali ed economici della stessa ricadano sui più fragili? Che cosa manca perchè la corresponsabilità solidale sia il collante tra gli attori in gioco (istituzionali, economici, sociali), senza disorientare quanti personalmente stanno scegliendo stili di vita più sostenibili?
Sono alcune domande a cui può e deve provare a rispondere la Politica (con la ‘P’ maiuscola), perchè la sola capace di agire verso il bene comune, che non è sinonimo di interesse generale. Gli interessi sono sempre nelle mani di pochi e lasciano per strada troppi. Forse perchè guardano all’altro come ‘socio’ e non come ‘prossimo’?
Chiara Tintori