A dieci anni dalla morte, il ricordo del cardinal Martini è ancora vivo in molti di coloro che lo hanno conosciuto. Martini non era mai banale e riusciva sempre ad evitare superficialità e formalismi che non amava. Mi pare sia sempre riuscito ad evitare anche il rischio di mettere se stesso al centro dell’attenzione, interpretando i diversi ruoli a cui è stato chiamato con la discrezione di chi sa che il protagonista è un altro, ovvero quello Spirito che soffia sempre e arriva comunque più lontano e in maniera più efficace di quanto siamo in grado di fare noi.
Martini entra a Milano con la Bibbia tra le mani e stupisce tutti proponendo come prima lettera pastorale una meditazione sulla dimensione contemplativa della vita. Una scelta che poteva sembrare provocatoria per una città sempre di corsa, ma che ha indicato, assieme a “In principio la Parola”, seconda lettera pastorale, il necessario punto di inizio di qualsiasi percorso autenticamente cristiano.
Nei suoi anni di permanenza a Milano è stato accusato di essere protestante, di eccessiva indulgenza verso le altre religioni, di simpatie politiche eccessivamente aperte a sinistra, di proporsi come antagonista di papa Giovanni Paolo II, di non avere il polso per governare la diocesi… Martini ha attraversato le critiche e i tempi difficili di una Milano alle prese con il terrorismo e Tangentopoli (solo per citare due delle tempeste di quegli anni) con la libertà che deriva dalla Bibbia, senza irrigidimenti ideologici e con il gusto di incontrare e ascoltare le persone. Da studioso della cultura ebraica, Martini ha sempre amato le domande più delle risposte e proprio per questo ha saputo inquietare le coscienze, aprendole a percorsi sorprendenti e innovativi, come la Cattedra dei non credenti.
A dieci anni dalla sua morte, il rischio potrebbe essere quello di creare un culto della sua figura; Martini ha sempre lottato contro questa eventualità, mettendo al centro della sua vita la Parola e affidandosi, anche nei momenti più difficili, alla sua forza misteriosa e dirompente. Il miglior modo per onorarne la memoria e renderne feconda l’eredità è allora proprio quello di mettere la Bibbia al centro della vita e dell’azione della comunità cristiana. Se facessimo parlare e agire la Parola, forse, saremmo anche un po’ meno irrilevanti.
Fabio Pizzul