Non vorrei scomodare troppo impegnative icone bibliche, ma in questi giorni mi è tornato alla mente il vitello d’oro che il popolo d’Israele si costruì per provare a superare la distanza con Jahvè, che sembrava troppo lontano, quasi assente, rispetto alle necessità impellenti della vita quotidiana. Ma Jahvè fu duro nel colpire quel popolo che preferì fidarsi di un simbolo piuttosto che mantenersi fedele all’unico Dio. Vi chiederete il perché di questa citazione biblica. E’ presto detto: le drammatiche cronache di questi giorni ci propongono tanti vitelli d’oro a cui fare pesanti sacrifici e una drammatica assenza della capacità di essere fedeli alle relazioni che fondano la convivenza tra gli uomini.
Vitello d’oro è quello che Putin propone come giustificazione all’invasione dell’Ucraina, ovvero il ristabilire una sicurezza della Russia pensando probabilmente ai confini dell’epoca di Pietro il Grande, che comprendevano buona parte dell’Ucraina e, fatto inquietante, di diversi altri paesi attualmente confinanti con la Russia. Il mito della Grande Russia è idolo a cui sacrificare senza alcuno scrupolo vite umane e libertà di espressione, con l’obiettivo di consolidare il proprio potere personale. Un manifesto comparso a Mosca in questi giorni credo sia rivelatore: “La Russia non inizia le guerre, le conclude”.
Vitello d’oro può diventare anche l’economia a cui sacrificare principi e libertà. La comunità internazionale, in realtà, si è mossa con tempestività sul fronte delle sanzioni economiche a Putin (preferisco immaginarle destinate a lui e non alla Russia), ma mi pare ci sia anche una preoccupazione crescente riguardo le conseguenze di queste sanzioni. Come dire: giusto colpire Putin, ma ci conviene davvero farlo fin in fondo? La difesa della libertà ha un prezzo. Fino a quando saremo disposti a sostenerlo?
Vitello d’oro può diventare anche il consenso politico. E’ meritorio e consolante che tutti (nessuno escluso) ci si stia mobilitando per i profughi, ma quanto il “metterci la faccia” (e la giacca) è un tributo al vitello d’oro della propria immagine politica piuttosto che genuina volontà di portare il proprio contributo al comune impegno per i profughi?
Sul piano più personale, ciascuno di noi ha il proprio vitello d’oro. Di fronte al dramma della guerra dovremmo essere capaci di rinsaldare le relazioni che creano libertà e a mettere da parte ogni idolo (e ideologia).
