I principali leader politici in corsa per le elezioni del 25 settembre 2022 hanno scelto di puntare su una sola parola per convincere gli elettori a votarli. L’obiettivo è chiaro: colpire l’immaginario e sintetizzare al massimo la conseguenza pratica di un voto fondamentale per indirizzare l’Italia nei prossimi anni.
La sintesi aiuta a creare certezze, ma correre anche il rischio, per contro, di generare più domande che punti fermi. Un rischio, per la verità, che corre soprattutto chi è addetto ai lavori, se pensiamo al tempo che realmente gli italiani dedicheranno nelle prossime settimane alla riflessione sul voto del 25 settembre, ovvero pochi minuti, giusto il tempo di fare la somma di brandelli di attenzione prestata a un manifesto, uno spot o a qualche titolo di giornale. Ecco allora, come i manuali di comunicazione politica insegnano, la necessità di colpire emotivamente puntando sulla possibilità di catturare la fiducia degli elettori con messaggi molto semplici e diretti. Non sfuggirà tuttavia ai più attenti qualche suggestione e analisi di fino.
Meloni con il suo “pronti” scommette sulla propria coerenza e sull’estraneità ai Governi di questa legislatura. Nonostante il quadro che l’Italia si trova di fronte, dopo mesi di crescita, sia caratterizzato da una situazione economicamente difficile per cittadini e imprese, evidentemente pensa di poter e saper gestire il paese. Il sottotitolo potrebbe essere: “ci hanno messo le mani altri, adesso tocca a noi”. Il corollario, desumibile nei programmi e nelle dichiarazioni pubbliche è un po’ un classico tra le forze di destra, ovvero, quello di indurre i cittadini a votare pensando più a sé stessi e alla tutela rassicurante dei propri interessi più prossimi che al bene comune di medio e lungo periodo.
Salvini punta sul “credo”, facendo leva su una dimensione dell’azione politica più religiosamente esibita e volontaristica che spiritualmente capace di interrogare le coscienze. Come a dire: ci sono temi su cui è inutile discutere, conta solo affermare e mettere in pratica le proprie identità e convinzioni, senza affrontarne la complessità considerata sinonimo di fregatura. Lo stile è decisionista e fa appello a certezze di cui molti sentono nostalgia, ma delle quali i più scelgono accuratamente solo la parte che va a proprio personale vantaggio.
Letta, l’unico, sposta l’attenzione sugli elettori e propone loro un’azione attiva: “scegli”. L’idea è quella di contrapporre due visioni di mondo e di Italia, sfruttando il nero come sfondo per evocare il rischio di tempi cupi, passati e futuri, dominati dagli errori storici peggiori della destra, e puntando sul rosso come colore evocativo della passione e dell’impegno collettivo della sinistra. L’idea è quella di chiamare a raccolta tutti coloro che si contrappongono alla destra, a partire da chi ne teme la deriva. Basteranno?
“Pronti” si rivolge a chi si è sentito messo da parte e vuole, non senza un po’ di presunzione, la sua rivalsa; “credo” rassicura chi ha perso certezze e vorrebbe sentirsi protetto; “scegli” fa appello a chi di certezze ne ha ma più nei confronti dell’avversario che su se stesso. Il risultato? Se la situazione di partenza di molti italiani all’avvio della campagna elettorale potrebbe essere riassunta dalla frase “credo di non essere pronto a scegliere” vien da chiedersi: le prossime tre settimane di campagna elettorale così impostate, accentueranno o ridurranno in loro questa incertezza? Le altre forze politiche in campo, che non hanno un’unica parola sintetica che le evochi salvo la classica personificazione veicolata attraverso il cognome del proprio leader, sapranno ricavarsi un ruolo decisivo in questo scenario o saranno irrilevanti? Voteremo con più convinzione o con più dubbi?
Marco Chiappa