A trent’anni dalla morte di Paolo Borsellino, che cosa significa fare memoria del suo sacrificio e di quello di Giovanni Falcone?
Significa ricordare come in quelle terribili settimane la Mafia sembrava aver sferrato un colpo mortale allo Stato che pareva soccombere di fronte al pervasivo potere criminale che si era impossessato di Palermo e della Sicilia.
Eppure, gli assassini di Falcone e Borsellino segnarono l’inizio di un riscatto di Palermo e della Sicilia che non venne però dallo Stato, ma dalla società civile, capace di raccogliere l’eredità del coraggio dei due magistrati e di trasformarla in reazione di popolo al terrore mafioso.
Lo Stato non è stato in grado di proteggere due dei suoi migliori servitori, anzi, pezzi dello Stato hanno giocato con la loro vita e hanno depistato le indagini su quegli assassini. Non si può spiegare altrimenti il fatto che per due mesi, dopo la strage di Capaci, nessun magistrato abbia trovato il tempo di ascoltare Paolo Borsellino che aveva cose da dire sulla morte del suo amico Giovanni. Non si può neppure spiegare in altro modo quanto accaduto in via D’Amelio dopo la strage, con evidenti manomissioni dei resti dell’esplosione e la scomparsa misteriosa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. Non si può spiegare il credito dato alle testimonianze di personaggi improbabili che hanno depistato le indagini finchè non ci si è valsi della collaborazione del pentito Spatuzza.
A trent’anni di distanza c’è il dovere della memoria, da tramandare soprattutto ai più giovani, che non hanno vissuto quei giorni drammatici, ma prima ancora il dovere della verità, debito non ancora onorato nei confronti di Falcone e Borsellino e dei loro familiari. Non si può certo biasimare i familiari di Borsellino che hanno deciso di non partecipare a cerimonie ufficiali di commemorazione, soprattutto dopo che una recente sentenza ha confermato l’esistenza di depistaggi, ma ha assolto tutti gli imputati per avvenuta prescrizione o insufficienza di prove.
Onore al presidente Mattarella, che oggi ha ribadito la necessità di fare piena luce su quanto accaduto e sulle reticenze dello Stato. Non si deve spegnere la memoria e la sete di verità, l’unica che può davvero restituire giustizia a chi per la giustizia ha offerto la sua vita, sapendo di andare incontro alla morte e non cedendo alla paura. Il coraggio di Falcone e Borsellino è uno dei pilastri dell’Italia contemporanea.
Fabio Pizzul