Con le festività pasquali abbiamo sperimentato come le residue restrizioni per il contenimento della pandemia non abbiano frenato la gran voglia di tornare alle attività consuete.
Il messaggio è parso chiaro: non c’è più da preoccuparsi per la pandemia perché siamo in grado di gestire senza grossi problemi le eventuali conseguenze del contagio.
Una strategia opposta a quella messa in atto dalle autorità cinesi, che stanno bloccando intere città, a partire da Shangai, per un numero di casi molto inferiore a quello riscontrato in questi giorni da noi in Italia.
La differenza di impostazione non potrebbe essere più netta e rappresenta il contrasto tra due modelli sociali che, in modo semplicistico, potremmo definire autoritario e democratico.
Nel primo caso la responsabilità di operare e imporre scelte è tutta in capo alle autorità centrali, che fanno piombare sui cittadini regole e procedure a cui non è possibile sottrarsi, creando condizioni di sicurezza formale accompagnata da una sostanziale assenza di libertà di scegliere i propri comportamenti.
Nel secondo caso, cioè il nostro, la responsabilità è assegnata ai singoli cittadini, chiamati a gestire le residue regole per il contenimento della pandemia con tutta la libertà possibile.
Difficile dire in termini assoluti quale modello possa essere considerato più efficiente.
Se dovessimo basarci sui dati e sulle conseguenze del contagio, non potrebbero esserci dubbi: in Italia continuiamo ad avere circa 150 decessi per Covid al giorno, in Cina il numero ufficiale è pari a zero.
Se ponessimo attenzione alle conseguenze economiche della pandemia, il calcolo sarebbe ancora più difficile: un lockdown rigidissimo per un breve periodo ha un maggiore impatto di misure più blande che si trascinano per mesi e mesi? Un calcolo impossibile.
Rimane, allora, un solo ragionamento e riguarda quello che potremmo definire il “costo” della libertà: una responsabilità diffusa è certamente meno efficiente rispetto a una forte concentrazione del potere, ma la possibilità di scegliere il proprio destino non credo abbia prezzo. Si tratta dell’eterno confronto tra libertà e sicurezza. Fino a che punto siamo disposti a rinunciare alle prima per vedere garantita la seconda?
Fabio Pizzul