Sono le ultime ore utili per presentare le liste dei candidati alle elezioni politiche del 25 settembre 2022. Ancora una volta, la chiave narrativa prevalente sui media è quella dello scontro, dentro e fuori dai partiti. La politica sembra non poter essere interpretata che attraverso il litigio, la delegittimazione reciproca, l’attacco all’avversario. Trova spazio chi è più feroce e veloce nel parlare, nell’idea che la propria identità politica possa essere costruita solo per differenza e contrapposizione. D’altronde, anche sui media trova spazio chi scatena qualche polemica o attacca qualcuno, non certo chi tenta di costruire percorsi di condivisione in una politica che sembra premiare più chi rompe che chi unisce. Con buona pace del Presidente della Repubblica Mattarella, tanto applaudito quanto inascoltato nei suoi appelli ai “costruttori” che hanno caratterizzato buona parte dei suoi interventi degli ultimi anni.
Ci sono partiti a forte trazione personale che sono riusciti a mascherare frizioni e tensioni (sempre presenti) che hanno accompagnato la scelta dei nomi da mettere in lista, altri, in cui prevale il dibattito interno e la tendenza a metterlo in piazza, che si sono presentati in disordine sparso, dando l’impressione che ci sia stata una vera e propria corsa personale alla ricerca del posto sicuro.
Ma quali sono stati i criteri che hanno guidato la compilazione delle liste?
Difficile dirlo. Certamente la fedeltà ai vari leader di partito ha giocato un ruolo determinante. In alcuni casi, Pd compreso, si è teorizzata la necessità di dare ascolto ai diversi territori, ma le rapide consultazioni estive dei rappresentanti locali sono state poi passate al vaglio di organismi centrali che hanno fatto scelte che poco hanno avuto a che fare con i territori stessi. Lo stesso criterio del limite ai mandati parlamentari, curiosamente computato per il PD in 15 anni completi, si è rivelato molto flessibile e personalizzabile. Non si può certo sostenere, peraltro, che il sistema delle parlamentarie on-line dei 5 Stelle abbia prodotto risultati entusiasmanti e trasparenti.
Che cosa resta agli elettori?
La possibilità di votare il simbolo di un partito, la sensazione che altri abbiano già scelto chi siederà in Parlamento e la certezza che la legge elettorale con cui si voterà è una delle peggiori possibili.
C’è un’altra certezza: per il prossimo mese i giornali continueranno a raccontare scontri e litigi che finiranno per allontanare altri cittadini dalle urne.
Fabio Pizzul