Diminuiscono i voti, aumentano le preferenze. Le elezioni regionali lombarde propongono una sorta di paradosso in casa Partito Democratico: il partito continua a perdere voti, ma aumentano le preferenze raccolte dai singoli candidati.
Sembra la conferma di una arguta battuta che ascoltai da un “vecchio” democristiano durante la mia prima campagna elettorale da candidato alle regionali, nell’ormai lontano 2010: la forte dialettica tra i singoli candidati in uno stesso partito è il miglior modo per farsi eleggere, ma anche quello che ti garantisce di perdere le elezioni.
Provo a spiegare questi paradossi.
Una lista che potremmo definire molto competitiva, con tanti candidati che possono aspirare all’elezione, scatena una competizione tutta interna al partito, con l’obiettivo di ottenere più preferenze possibile differenziandosi dai competitor e attivando tutti i propri sostenitori affinché “catturino” alla propria causa più elettori tra coloro che si sanno già orientati a votare per il proprio partito. Lo sforzo si concentra nella corsa interna, perché l’obiettivo è l’elezione del singolo candidato più che la vittoria alle elezioni, affidata quest’ultima al candidato presidente che si trova, tra l’altro, strattonato da questo o quel candidato in cerca di preferenze. La comprensibile partita personale dei candidati rischia così di prevalere sulla strategia globale della coalizione e sulla possibilità di proporre parole chiare riguardo le proposte per il futuro della regione, che rischiano di concentrarsi solo sugli attacchi agli avversari e sulla loro inadeguatezza.
Il boom delle preferenze si può spiegare anche grazie ad altri fenomeni, come la candidatura (e il successo) di sindaci, rappresentanti di gruppi particolari e giovani. Tutte storie positive, di cui rallegrarsi e per cui complimentarsi con gli eletti, ma, ancora una volta, indici del fatto che ci si è occupati di tante “parti” senza riuscire a promuovere il “tutto”, ovvero la possibilità di conquistare la guida di Regione Lombardia. La mobilitazione di cittadini per portare in regione i propri sindaci, la simpatia suscitata dai giovani o la forza di alcuni gruppi specifici funzionano per spingere singoli candidati, ma non convincono la platea più vasta che si astiene o vota altrove, forse anche perché non capisce quale sia l’effettiva idea e proposta di regione che si offre loro.
E così aumentano le preferenze, calano i voti e si perdono le elezioni.
Fabio Pizzul