Nella giornata in cui si celebra san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli scrittori, proviamo a riflettere sul messaggio che mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano ha inviato in occasione di questa ricorrenza annuale, non avendo potuto incontrare i giornalisti neppure quest’anno a causa delle restrizioni legate alla pandemia.
L’arcivescovo raccomanda ai giornalisti di creare occasioni di incontro attraverso una comunicazione “gentile”, vissuta con compassione e capace di suscitare desideri di prossimità piuttosto che di astio e rabbia. Evoca poi il genio del sorriso, dell’ironia, dell’umorismo invitando ad andare oltre il sarcasmo offensivo, per ricondurre le vicende alle giuste dimensioni e aprire squarci di speranza.
Immagino che molti giornalisti abbiano accolto questo invito con un po’ di sufficienza, pensando alle condizioni in cui si trovano a lavorare oggi, pressati da tempi che non sono compatibili con anche un solo briciolo di riflessione o approfondimento, costretti a scrivere senza veder riconosciuta la loro professionalità con adeguate retribuzioni.
Eppure è importante interrogarsi sulla professione giornalistica e sulla responsabilità che accompagna la professione e non solo per la formale necessità di rispettare le norme deontologiche. Oggi rischiamo di essere vittime di una superficialità diffusa, che porta ad errori e forzature, a partire dall’utilizzo del linguaggio, che spesso non rende ragione della complessità di ciò che accade e non riesce a raccontare con precisione fatti e persone, finendo per banalizzare e, non di rado, distorcere la realtà.
Il giornalismo è attività intellettuale che richiede tempo per pensare e capacità di analisi per andare oltre ciò che sembra scontato e spesso non lo è affatto: semplificare non significa banalizzare, ma aiutare a capire, dopo aver capito in prima persona. In questo l’invito di mons. Delpini può essere prezioso: si comprende la realtà attraverso l’incontro con gli altri e la compassione è il motore della voglia di capire davvero ciò che sta accadendo. Solo così può nascere l’ironia colma di rispetto e si può evitare il sarcasmo che ferisce. Il giornalista non può avere nemici o avversari, tantomeno complici o compari, deve andare incontro alle persone per capire e aiutare a capire la realtà complessa e spesso drammatica che viviamo.
Buona festa patronale a tutti i giornalisti.
