Quanti limiti si potranno ancora superare nel conflitto israelo-palestinese? Ogni giorno pensiamo di averne viste abbastanza e il giorno successivo veniamo smentiti. Persino il diritto dei conflitti armati, quelle norme giuridiche che disciplinano i rapporti tra i belligeranti, si sta sgretolando sotto i nostri occhi increduli.
Le guerre sono sempre disumane e ogni guerra è una radicalizzazione di conflitti pregressi. I conflitti esistono e di per sé non sono negativi, a patto di gestirli. Ma noi siamo impregnati di una cultura che reagisce in maniera esagerata al conflitto, insito nella diversità. E così stiamo dimenticando di riconoscere gli altri, nella loro diversità, uguali a noi stessi.
Ci stiamo abituando a cercare e a premiare elettoralmente l’uomo (o la donna) forte, a invocare leggi sempre più repressive, a ricondurre la competizione politica alla dialettica amico/nemico, ad accettare come normale il bisogno di avere nemici. Lo stesso linguaggio politico si nutre sempre più spesso di metafore belliche.
Come attraversare i conflitti senza restarne intrappolati? Come disinnescare la conseguente spirale di violenza? Prima di schierarsi, riconosciamo che non siamo così allenati a gestire il conflitto nelle relazioni personali, familiari, sociali e politiche. Poi proviamo a mettere in campo tutte quelle strategie proprie della gestione creativa dei conflitti, a cominciare dall’assumere che tutti hanno ragione. È la condizione per fare passi avanti. Anche nella politica internazionale. Non si tratta di rinunciare ai propri giudizi, ma di risalire dai giudizi alle cornici sociali e culturali che usiamo per interpretare il mondo.
La gestione creativa dei conflitti e la non violenza ci insegnano che in situazioni di tensione bisogna né cedere né attaccare, ma disarmare l’altro – e prima di tutto noi stessi – con delle mosse spiazzanti. Piuttosto che reazioni di forza e prove muscolari abbiamo bisogno di quell’apparente debolezza che sola può interrompere la spirale dell’odio e della violenza. Pensiamoci. Le persone che hanno invertito il corso della storia, fino a rivoluzionare la vita del proprio popolo – da Nelson Mandela a Rosa Parks – sono apparse forti in tutta la loro debolezza. Forse perché hanno spiazzato i propri avversari?
Che i leader politici e la diplomazia internazionale sappiano tornare quanto prima alla gestione creativa dei conflitti!
Chiara Tintori