Prima della pandemia, la Lombardia era assai poco conosciuta. Più famose erano alcune sue città, Milano ma non solo, i suoi laghi, le sue montagne. L’identità lombarda su cui la Lega Nord ha per anni imperniato il proprio consenso, era qualcosa di poco sentito dai cittadini e di indefinito anche per i turisti. Durante gli anni in cui Roberto Maroni fu presidente della Regione Lombardia, furono molti i tentativi di rafforzare il brand regionale: ai brand territoriali si è tentato di sostituire il marchio “made in Lombardy”, ai dialetti locali si è tentato di assegnare una matrice comune che li ricomprendesse sotto un’unica lingua lombarda, per le istituzioni regionali si sono definiti inno, festa regionale e bandiera. Nelle leggi e nei bandi, inoltre, si è fatto uso massiccio di vincoli di accesso per chi non fosse residente in Lombardia da almeno 5 anni, nella convinzione che un cittadino italiano che si trasferisse in questa regione per studiare o lavorare non avesse pari diritti di chi vi fosse nato, non subito per lo meno.
Benché una parte dell’impianto regionalista introdotto da Roberto Maroni sia rimasto, sotto la presidenza di Attilio Fontana si è man mano abbandonata la retorica localista più identitaria, in linea con l’evoluzione che ha trasformato la Lega Nord nella Lega nazionale oggi contestata apertamente da Umberto Bossi. Persino l’autonomia, tema tornato in auge con la nomina di Roberto Calderoli a Ministro per gli affari regionali e le autonomie, non viene più sbandierata come rivendicazione del Nord nei confronti del Sud né brandita in chiave antiromana, ma piuttosto presentata come opportunità di risparmio ed efficienza a beneficio di tutti i cittadini italiani e per lo Stato stesso nel suo complesso, benché la difficoltà di tenere insieme sistemi di autonomia differenziata tra regioni fortemente interconnesse, siano esse più o meno confinanti, ponga enormi problemi anche sul lato pratico, non solo dal punto di vista ideale e di unità del paese, che occorrerà risolvere punto per punto se si vuole evitare che le debolezze strutturali del regionalismo sanitario emerse con la pandemia si diffondano anche in tutti gli altri campi. Limiti che la parte più nazionalista della destra, che ha un elettorato radicato in tutta Italia, sembra avere ben presente.
Comunque la si pensi sull’autonomia, la Lombardia resta una regione poco incline ad affermare la propria identità regionale, preferendole una più ampia vocazione internazionale affiancata dalle più rappresentative identità locali geograficamente o urbanisticamente omogenee presenti al suo interno e note a livello internazionale più della regione nel suo insieme, nutrite da dialetti, tradizioni, storia, cultura, dinamiche socioeconomiche, distretti produttivi e piatti tipici.
La pandemia, tuttavia, non ha semplicemente reso la Lombardia una zona geografica dell’Italia nota a livello mondiale come mai prima d’ora, offrendole ora potenzialità praticamente infinite in tutti i settori nei quali saprà compiere un’operazione efficace di rilancio del proprio brand, ma ha anche rafforzato un senso di appartenenza tra i cittadini che la abitano, affermatosi prima drammaticamente in senso negativo e reso plastico dalle difficoltà di gestione dell’emergenza delle istituzioni regionali, e ora in trepide attesa in vista di una ripresa che si attende con speranza.
Una matrice unitaria, questa lombarda, che andrebbe definita propria di una macroregione, dal momento che conta il doppio o quasi degli abitanti delle altre regioni italiane più popolose, e che del resto è sempre stata ravvisabile in caratteristiche di fondo, quali il lavoro, l’operosità, l’attenzione per il sociale, la difesa della legalità, la passione per l’innovazione, il pragmatismo, e l’elenco potrebbe continuare. Che due città storicamente in concorrenza tra loro come Bergamo e Brescia siano insieme quest’anno capitali della cultura, indica quanto la strada del rafforzamento integrato delle diverse realtà territoriali diffuse possa e debba ancora essere esplorato, anche, è l’auspicio di chi scrive, superando i confini amministrativi regionali come per le Olimpiadi del 2026. La Lombardia, diventata famosa a causa della tragedia della pandemia, ha fame di rilancio, ma vincerà la sfida se penserà in grande e costruirà ponti, non se alzerà muri e isserà bandierine.
Marco Chiappa