Ogni volta che ci sono di mezzo le proteste dei giovani, non mancano reazioni pubbliche di insofferenza, di stizza, come se i primi facciano e dicano cose – magari anche giuste – ma in modo sbagliato.
Che sia la crisi climatica o i prezzi degli affitti, che i giovani si ribellino per lo stato di salute del nostro pianeta oppure per le condizioni di vita non dignitose, che limitano il diritto allo studio o la progettazione di un futuro autonomo, poco cambia. Le reazioni pubbliche mostrano un mondo adulto arroccato e chiuso in se stesso. Sono più diffusi i giudizi di condanna, che la sorpresa di chi si interroga, per provare a capire il senso delle tende davanti alle università o delle vernici sui monumenti (mai compromessi).
Ma deve per forza andare così? Non può esservi un diverso modo di stare insieme, nelle inedite e molteplici crisi del nostro tempo?
Ovviamente, quando si parla di categorie – nel nostro caso i giovani e gli adulti – le generalizzazioni sono da usare con prudenza. Si sa che i giovani contano, elettoralmente parlando, poco in termini numerici. E saranno sempre meno, visto l’inverno demografico dell’Italia. Per questo i nostri politici, per lo più impegnati in campagne elettorali permanenti, non avranno interesse a prendere sul serio le esigenze giovanili, perché queste non “pagheranno” alle urne.
Da sempre noi adulti ci rivolgiamo ai giovani con una premessa: “ai miei tempi”. Certo la storia insegna per analogia, permettendoci di confrontare situazioni fra loro simili, ma i tempi passati sono sorgenti approssimative, che, per essere adattati all’oggi hanno bisogno di altro. L’esperienza è molto importante, ma se non aiuta a leggere il presente aprendo al futuro è pura archeologia.
Oggi abbiamo bisogno di metodo e strategia, di visione e lungimiranza, di coraggio e creatività. Che sia questo il tempo in cui giovani e adulti insieme, con fiducia reciproca, intraprendano esperimenti sociali mixando questi ingredienti? Perché non provare a valorizzare spazi di narrazione e condivisione di storie, desideri e bisogni per immaginare un futuro diverso? Senza preclusioni sugli strumenti di indignazione sociale.
Nessuno può rivivere il passato. A noi la scelta: vogliamo declinare, perché preoccupati solo di conservarci, oppure evolvere perché ci siamo lasciati guidare dal coraggio di osare, insieme?
Chiara Tintori
Ogni volta che ci sono di mezzo le proteste dei giovani, non mancano reazioni pubbliche di insofferenza, di stizza, come se i primi facciano e dicano cose – magari anche giuste – ma in modo sbagliato.
Che sia la crisi climatica o i prezzi degli affitti, che i giovani si ribellino per lo stato di salute del nostro pianeta oppure per le condizioni di vita non dignitose, che limitano il diritto allo studio o la progettazione di un futuro autonomo, poco cambia. Le reazioni pubbliche mostrano un mondo adulto arroccato e chiuso in se stesso. Sono più diffusi i giudizi di condanna, che la sorpresa di chi si interroga, per provare a capire il senso delle tende davanti alle università o delle vernici sui monumenti (mai compromessi).
Ma deve per forza andare così? Non può esservi un diverso modo di stare insieme, nelle inedite e molteplici crisi del nostro tempo?
Ovviamente, quando si parla di categorie – nel nostro caso i giovani e gli adulti – le generalizzazioni sono da usare con prudenza. Si sa che i giovani contano, elettoralmente parlando, poco in termini numerici. E saranno sempre meno, visto l’inverno demografico dell’Italia. Per questo i nostri politici, per lo più impegnati in campagne elettorali permanenti, non avranno interesse a prendere sul serio le esigenze giovanili, perché queste non “pagheranno” alle urne.
Da sempre noi adulti ci rivolgiamo ai giovani con una premessa: “ai miei tempi”. Certo la storia insegna per analogia, permettendoci di confrontare situazioni fra loro simili, ma i tempi passati sono sorgenti approssimative, che, per essere adattati all’oggi hanno bisogno di altro. L’esperienza è molto importante, ma se non aiuta a leggere il presente aprendo al futuro è pura archeologia.
Oggi abbiamo bisogno di metodo e strategia, di visione e lungimiranza, di coraggio e creatività. Che sia questo il tempo in cui giovani e adulti insieme, con fiducia reciproca, intraprendano esperimenti sociali mixando questi ingredienti? Perché non provare a valorizzare spazi di narrazione e condivisione di storie, desideri e bisogni per immaginare un futuro diverso? Senza preclusioni sugli strumenti di indignazione sociale.
Nessuno può rivivere il passato. A noi la scelta: vogliamo declinare, perché preoccupati solo di conservarci, oppure evolvere perché ci siamo lasciati guidare dal coraggio di osare, insieme?
Chiara Tintori