Le primarie che hanno portato Elly Schlein alla segreteria del Partito Democratico sono state le meno partecipate di sempre. Hanno votato 1.098.623 simpatizzanti, oltre quindi la soglia psicologica del milione, di cui 587.010 (il 53,75%) per Schlein e 505.032 (il 46,25%) per Bonaccini.Nel 2019 tuttavia, alle primarie che elessero Zingaretti segretario col 66% dei consensi, a votare furono 500.000 simpatizzanti in più. Un deficit ancor più significativo se si considera che il successo di Elly Schlein è stato reso possibile anche dal ritorno ai gazebo di persone che in questi anni si erano allontanati dal PD, il che rende verosimile immaginare che almeno la metà degli elettori del 2019 abbiano preferito questa volta non partecipare alle primarie, dato in parte colmato dall’arrivo dei sostenitori di Schlein provenienti da altri partiti, movimenti e culture politiche.
Presto o tardi il Partito Democratico dovrà però fare i conti con chi sta sbirciando sulla soglia dell’uscio per decidere se e come aderire alla sua attuale proposta politica, anche se il prevalere della candidata data per sfavorita ha reso sin qui irrilevante sul piano narrativo domandarsi dove fossero finiti gli altri elettori, a testimonianza del fatto che le primarie si confermano lo strumento più efficace in assoluto per costruire narrazioni partecipate e condivise anche quando non tutti vi partecipano o quando non vanno secondo i piani di chi le organizza; anzi, proprio quando non vanno secondo i piani di chi le organizza.
La luna di miele dei primi mesi, come accade per il governo, si estinguerà rapidamente se non sarà supportata da una solida ed efficace piattaforma programmatica. Durante il congresso un dibattito politico vero non è mai decollato né all’interno dei circoli né nell’opinione pubblica, forse anche a causa della vicinanza delle elezioni regionali in Lombardia e Lazio, regioni che si è scelto di sacrificare in virtù di un confronto congressuale programmatico che, nei fatti, non è mai avvenuto. Da qui, forse anche, il prevalere del profilo percepito come più in discontinuità rispetto al sistema dei partiti, benché fosse appoggiata dal segretario uscente Letta, dalla corrente che più ha governato il partito in questi anni, ovvero quella di Franceschini, e dai partiti e movimenti più organizzati che di norma vengono collocati a sinistra del PD.
Ebbene, se il PD vuole essere competitivo elettoralmente a livello nazionale e non limitarsi al posizionamento identitario, prima o poi Elly Schlein dovrà porsi anche l’obiettivo di riattrarre una parte di elettorato che fatica ad aderire al partito che lei sembra voler incarnare.
Certamente, tra costoro, molti sono anche cattolici. Secondo un recente sondaggio di YouTrend per Sky TG24, gli elettori cattolici sono più a destra della media dell’elettorato totale del 5%, più vicini al Movimento 5 Stelle di quasi il 3% e, invece, meno vicini alle forze di centrosinistra di quasi il 4%, con un dato minore che riguarda il PD ma comunque negativo, vicino all’1% in meno rispetto all’elettorato totale. Da notare come Azione/Italia Viva perda più del 2% tra gli elettori cattolici, che attualmente vedono quindi più benevolmente il PD che Calenda e Renzi.
Il 24% degli elettori italiani in generale, ovvero un elettore su 5, ritiene che occorrerebbe un partito forte che faccia esplicito riferimento ai valori cattolici, il 22% dichiara di non sapere se ciò sarebbe utile o meno, mentre il 54% ritiene che non sarebbe necessario.
Il riassetto del sistema politico italiano dopo le ultime elezioni è solo all’inizio e l’esito non è, nemmeno in questo caso, affatto scontato.
Tirinnanzi