PERCHÉ VOTARE IL 25 SETTEMBRE PER IL PARLAMENTO ITALIANO
Sono uno dei tanti italiani che si stanno chiedendo se abbia senso o meno andare alle urne domenica 25 settembre per rinnovare il Parlamento del nostro splendido e complessissimo Paese.
Sono nato e cresciuto nella cultura cattolico-liberale, avendo un ambiente parrocchiale nella città di Milano e quello della Caritas ambrosiana come punti di riferimento formativi in rapporto dialettico con “Il Giornale” diretto da Indro Montanelli, lettura quotidiana sino all’uscita del giornalista toscano all’inizio del 1994 (etica ed estetica mi impedirono di continuare a leggere tale quotidiano nelle “gestioni” successive). Pertanto nato e cresciuto in un Centro-Destra liberale, dal 1994 in poi non ho potuto fare altro che assumere posizioni politiche diverse perché ho inteso cercare di essere fedele ai valori nei quali sono stato formato.
Quali? Dall’umanesimo del cuore e della mente, dalla Bibbia ai classici greci e latini, ho imparato che degli altri è necessario cercare di occuparsi non tanto meno di quanto si è attenti a se stessi, perché pensare e agire così è il modo migliore per tentare di essere effettivamente umani. Credo che in questi valori di giustizia e responsabilità sociali si possano riconoscere persone presenti in tanti schieramenti culturali e politici diversi e che quello che conta non siano le affermazioni di principio, ma i fatti esistenziali concreti.
Moltissimo coopererebbe a tenere noi, cittadine e cittadini italiani, lontani dalle urne domenica prossima: una legge elettorale repellente ci dà, più di sempre, soltanto la possibilità di scegliere il partito, senza poter intervenire attivamente sull’elezione di donne e uomini più capaci e affidabili di altri. Lo spettacolo offerto in questa legislatura da tantissimi esponenti del Parlamento uscente è stato spesso davvero inverecondo ed è apparso espressione di egoismi, incompetenze e stoltezze quasi di ogni genere.
Detto tutto questo (e potrei aggiungere altri elementi negativi come potreste fare tutte e tutti voi), penso che andare a votare sia molto, molto importante, soprattutto nella situazione locale, nazionale e internazionale che stiamo vivendo. Il sottoscritto da quasi trent’anni lavora prevalentemente al di fuori del proprio Paese, perché un teologo come me, che intenda vivere dignitiosamente in proprio e con la propria famiglia, in Italia, per quanto creativo sia, non ha mai avuto chances effettive. Da italiano che lavora all’estero dico a maggior ragione che dobbiamo fare di tutto per intervenire su alcuni obiettivi essenziali:
• le disuguaglianze sociali, culturali ed economiche tra Nord e Sud, nei centri urbani e nelle campagne, devono essere avviate seriamente a riduzione in modo promozionale effettivo (in proposito l’ideazione dei “navigators” è stata una delle più assurde eredità della legislatura parlamentare appena conclusa);
• ragazzi e giovani devono trovare opportunità di formazione e di sviluppo serie (a fronte di un sistema scolastico ed universitario in cui anzitutto la valorizzazione dei docenti migliori non avviene mai, perché la verifica concreta delle loro competenze non si vuole attuare);
• l’ambiente naturale, il patrimonio artistico-culturale, le tradizioni agro-alimentari devono essere al centro di una serie multiforme di progetti integrati, facendo collaborare autorità pubbliche e istituzioni private, in modo da creare opportunità di sviluppo a tutto campo, perché il vero “petrolio” del nostro Paese è anzitutto questo.
Quale tra i partiti e chi tra i candidati in lizza hanno posto questi temi al centro del proprio programma elettorale? In questa campagna elettorale abbiano sentito e letto più che mai idee sensate e stupidaggini colossali, le une accanto alle altre, sia a livello economico che sociale che culturale. Mi sento di dare fiducia in proposito al Partito Democratico, confidando essenzialmente in questo: in quel partito – complesso, litigioso al suo interno, talora culturalmente inadeguato, non privo di persone candidate per ragioni indipendenti da competenza tecnica e spessore umano – ci sono varie persone – penso, per es., a Lia Quartapelle, Antonio Misiani e Paolo Romano – che si batteranno seriamente perché almeno una parte di quanto ho prima indicato tra gli scopi prioritari per il futuro del Paese possa trovare delle realizzazioni effettive.
Certo: bisogna sperare che, tenendo conto del vomitevole sistema elettorale vigente, queste notevoli persone siano elette. E occorre anche essere consci del fatto che costoro avranno bisogno del sostegno anche intensamente critico di quante e quanti ne saranno elettori. Penso che sarà nostro compito non farglielo mancare, anche quando si tratta di parlamentari eletti con il voto degli italiani all’estero.
E comunque l’augurio che faccio a tutte e a tutti noi, concittadine e concittadini del nostro, lo ripeto, splendido e complessissimo Paese, è che possiamo aiutare figli e nipoti a guardare al loro futuro almeno con metà delle speranze che avevamo noi, figli degli anni Sessanta del XX secolo, di costruirci una vita bella e buona per noi con gli altri.
Ernesto Borghi, teologo