Un discorso per rassicurare e raffreddare ogni possibile entusiasmo, ma comunque un discorso di parte, orgogliosamente di parte, costruito sulla triade Dio, patria, famiglia.
La (o il?) presidente Meloni ha inaugurato il suo cammino alla Camera rivendicando il suo diritto a governare, dopo essersi sentita esclusa, con la sua tradizione culturale, per molti anni. Una sorta di rivincita non del tutto giustificata, visto che molti dei ministri del suo esecutivo, come peraltro lei stessa, hanno già fatto parte di altri governi senza, mi pare, che fossero stati obbligati ad abiurare nessuna delle proprie convinzioni. Meloni ha dovuto più volte ribadire la sua volontà di mantenersi assolutamente fedele all’Europa e alle alleanze internazionali, quasi a voler mettere le mani avanti rispetto a possibili nuove intemerate dei partiti che la sostengono. Un discorso in cui la Presidente del Consiglio ha dato l’impressione di voler rassicurare soprattutto se stessa riguardo la possibilità di mettere davvero in atto quanto scritto nel programma elettorale presentato agli elettori. I toni utilizzati non potevano che essere istituzionali, lontani anni luce da quelli che hanno fatto la fortuna di Giorgia Meloni nel suo populismo di destra a forti tinte sovraniste che ora sfumano in un più rassicurante interesse della nazione. Mi è sembrato un discorso per molti versi prudente, nella consapevolezza che le sfide che attendono il governo sono complesse e senza risposte scontate, un cambio di stile forse inevitabile, ma comunque impressionante per chi negli ultimi anni ha puntato su una comunicazione iper-semplificata e sempre attenta a stare lontana dalle complessità che spaventano e allontanano gli elettori. Il passaggio dalla piazza al governo non sarà semplice e ha già messo in crisi altri leader che avevano cavalcato il populismo, si pensi a Salvini, o si erano autoproclamati “avvocati del popolo”, vedi Conte. Tanti gli accenni alla libertà, che ora dovrà diventare responsabilità, quella che non è stata fin qui necessaria per chi ha scelto di stare all’opposizione negli ultimi anni. La citazione finale di San Giovanni Paolo II, con la necessità di passare dal piacere della libertà al dovere della libertà, pare sancire la fine di una fase per chi dovrà smettere i panni gioiosi di Giorgia e vestire quelli austeri e pesanti del presidente.
Fabio Pizzul