Ieri tutti i tg hanno aperto con la condanna del rastrellamento nazifascista del ghetto di Roma espressa dalla Presidente del Consiglio in pectore, Giorgia Meloni, e dal Presidente del Senato Ignazio la Russa. Meno male che seconda carica dello Stato e candidata premier ci hanno pensato. Mi domando come sarebbe potuto accadere qualcosa di diverso. Siamo sotto occhi preoccupati in Occidente (Biden ha detto ai suoi proprio in ottica anti Trump e sodali in Europa: «Guardate cosa succede in Italia»): vittoria della destra alle elezioni (grazie anche ad una legge elettorale scellerata opera della sinistra!); consensi a Orban e destra spagnola di Vox; il neopresidente della Camera Fontana ritratto a Strasburgo con maglietta anti sanzioni alla Russia accanto a Salvini (collezionista di t-shirt pro Putin). Sfida della destra oggi è vivere una sorta di “conversione” politicoculturale, mostrare coi fatti che crede davvero che «il rastrellamento del ghetto di Roma rappresenta una delle pagine più buie della nostra storia» (La Russa) e che «il 16 ottobre 1943 è per Roma e per l’Italia una giornata tragica, buia e insanabile…la vile e disumana deportazione di ebrei romani per mano della furia nazifascista» (Meloni). Va dato credito alla candidata premier se sconfessa un’eredità e specifica che il rastrellamento nazifascista fu «un orrore che deve essere da monito perché certe tragedie non accadano più. Una memoria che sappia essere di tutti gli italiani, una memoria che serve a costruire gli anticorpi contro l’indifferenza e l’odio». Ci vorrebbero fatti per convincere che la destra si muove in tale direzione, gesti (gestum è participio di gero: porto a termine, a compimento) simbolici. Un esempio: il Presidente del Senato La Russa con generosità potrebbe donare alle Raccolte Civiche di Milano i cimeli del Ventennio che ha in casa mostrati con orgoglio in un video del 2018: statua di Mussolini, foto, medaglie. Sarebbe un dire alla città e al Paese che le rose a Liliana Segre non son state bon ton istituzionale ma coscienza d’una svolta ineludibile e ai visitatori: «I cimeli fascisti son roba da museo, monito condiviso perché la disumanità sia bandita, non accada mai più».
Marco Garzonio