Pride Milano è ormai un appuntamento consolidato e molto partecipato, una festa che si è lasciata alle spalle molte delle ostentazioni e delle provocazioni che avevano caratterizzato alcune delle prime edizioni. Vedere decine di migliaia di persone sfilare pacificamente per le vie della città, senza tensioni e incidenti è proprio un bello spettacolo, che rincuora riguardo la crescita di una capacità di riconoscere le diversità come un valore.
Mi permetto qualche ulteriore riflessione a proposito della necessità di promuovere una cultura dei diritti e del riconoscimento degli altri come un valore, a partire dalla loro identità.
E’ senz’altro vero che il riconoscimento di nuovi diritti non reca alcun danno a coloro che li hanno già da tempo visti riconosciuti, ma c’è anche un aspetto relazionale e sociale dei diritti che non va trascurato. Ciascuno deve poter scegliere il modo in cui vivere, senza che nessuno lo penalizzi o lo emargini per le scelte che ha deciso di fare, ma le scelte individuali devono trovare un limite nei diritti altrui e nel rispetto di limiti stabiliti dalle normative vigenti. Per carità, le leggi si possono e si devono cambiare, soprattutto se non tutelano i più fragili, ma bisogna anche stare attenti a non costruire artificiosamente diritti che rischiano di assecondare esigenze di realizzazione individuale che potrebbero porre problemi di carattere sociale e presupporre uno scarso rispetto dei diritti di altre persone.
Faccio queste affermazioni pensando, ad esempio, alla dichiarazione del sindaco di Milano Beppe Sala, che dal palco di Pride Milano ha detto di aver riaperto la possibilità di registrare i figli nati in Italia da coppie omogenitoriali. Mi chiedo che cosa significhi esattamente questa espressione. Esclusa la possibilità che possano venire generati figli da due persone dello stesso sesso, dubito che la registrazione possa riguardare figli avuti da uno dei due genitori in una precedente relazione, probabile, allora, che possa essere un modo per aprire la strada all’adozione di bambini da parte di due genitori dello stesso sesso. La legge ancora non lo consente, ma c’è la possibilità che un singolo adotti un bambino e un’eventuale sua unione con una persona del suo stesso sesso effettivamente aprirebbe qualche necessità di chiarimento giuridico: cosa rappresenterebbe per il figlio adottato il compagno/a di chi lo ha adottato?
C’è però un’altra prospettiva che è chiaramente evocata da diverse realtà del mondo LGBTQIA+, ovvero la possibilità che il registro consenta il riconoscimento di figli ottenuti con la maternità per altri o maternità surrogata o utero in affitto. Si tratta di una pratica vietata dalla legge italiana, ma diffusa all’estero. Se il registro di cui ha parlato Sala ha questo obiettivo (magari ho capito male e, in tal caso, me ne scuso), mi spiace, ma non posso in alcun modo condividerlo.
Pride Milano è una grande manifestazione di civiltà, ma quella dei diritti non può essere la scusa per aprire la strada a pratiche che di civile hanno ben poco e che non rispettano certo i diritti dei più deboli.
Fabio Pizzul
Sono d’accordo con te, e mi auguro di aver capito male.
Mi è venuta in mente una pratica diffusa tra gli animali ma non tra esseri umani (almeno in Italia).
Spero di non offendere nessuno, ma figli “generati” da altri ed “adottati” da coppie omosessuali non mi sembra un’evoluzione della civiltà.