Mi ha colpito, stamattina, facendo il consueto scrolling delle News su Repubblica, imbattermi in due titoli. Il primo: “Manovra: non ci sono i fondi: Ragioneria chiede correzioni su 44 misure”. Il secondo, immediatamente successivo: “Nuovi caccia e carri armati, l’Italia guidata da Meloni potenzierà le riserve di armi”.
Una coincidenza, dirà qualcuno. Certo, ma un’amara coincidenza, che fa riflettere. La spesa militare ammonta attualmente a ben 25 miliardi l’anno, che corrispondono all’1,5% del Pil. Non voglio buttarla in facile polemica politico-partitica: il governo di centro-destra, di fatto, sta realizzando lo sciagurato obiettivo del patto Ue che fissa il target al 2% e che già il governo Draghi stava perseguendo. In pratica, a breve serviranno altri 8 miliardi, per reperire i quali si procederà – facile la previsione – a nuovi tagli.
Uno, del tutto incomprensibile, riguarda i famosi 5 milioni di euro che permetterebbero all’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) di mandare avanti il progetto della Carta geologica ufficiale nazionale: un documento preziosissimo per monitorare un territorio fragile come quello del Belpaese. (Sarei lieto di essere smentito se, nelle pieghe delle variazioni al “Milleproroghe” questi benedetti soldi saltassero fuori, alla fine).
Intanto, a Milano si scopre che i costi degli affitti sono cresciuti dal 2015 a oggi del 30%, mentre – ahimé – è noto a tutti che gli stipendi medi hanno seguito una ben diversa curva (ne ha fatto cenno anche l’arcivescovo di Milano nel suo “Discorso alla città”).
Sarebbe troppo facile fare del moralismo di bassa lega. Ma qui ci sono dei numeri che dicono chiaro e tondo che alcune scelte politiche (più armi, meno servizi; più costi delle case, meno disponibilità economica del ceto medio a causa dei rincari diffusi) mettono fuori gioco una bella fetta di popolazione. Per tante persone, insomma, si sta per avverare quel che è accaduto duemila anni fa a Giuseppe e Maria, una giovane coppia di un paese di periferia: non c’era posto per loro. Non c’è posto per tanti, per troppi, in una società dove, anziché diminuire, aumentano le disparità sociali e dove, se non ci fosse il Terzo settore a mettere una pezza, gli “espulsi” sarebbero molti di più.
Gerolamo Fazzini