Soldi a chiunque, dittatori inclusi per fermare i migranti ai confini. Non importa come. E senza chiedere in cambio garanzie sul rispetto dei diritti umani dei subsahariani che, è opportuno ricordarlo, sono stati oggetti in questo mese di luglio di veri propri pogrom razzisti nelle periferie di Sfax in Tunisa da parte di cittadini e poliziotti, malmenati, caricati a forza sui treni e deportati nel deserto del Sahara con temperature prossime ai 50 gradi senza acqua né cibo. Il tutto con il plauso del presidente autocrate tunisino Saied, che continua a usare espressioni pericolose e inaccettabili che ben conosciamo come “sostituzione etnica” riferite all’immigrazione di chi ha la pelle scura. Basta questo punto, lo stop ai migranti, – solo uno dei cinque dell’accordo siglato domenica da Ursula von der Leyen, il premier olandese Mark Rutte e Giorgia Meloni con il presidente tunisino Kais Sayed, eppure pesante quanto un macigno – a farci dubitare sulla qualità e la convenienza del memorandum tra Tunisia e Ue. Certo, sugli aspetti economici e imprenditoriali c’è poco da dire. Realisticamente quali alternative ci sono a implementare gli scambi di energie alternative con un elettrodotto sottomarino finanziato da Ue, Italia (con Terna) e stato tunisino? O nessuno ha da sindacare sul favorire scambi di studenti in un paese a noi vicinissimo con cui abbiamo legami storici dove hanno sede 900 aziende italiane. Nè si può dubitare che convenga stabilizzare anche in chiave geopolitica un paese costiero mediterraneo sull’orlo del collasso economico e sociale e che sta vedendo una democrazia raggiunta 12 anni fa con la rivoluzione dei gelsomini trasformarsi in una dittatura e dove comunque il principale oppositore è il partito islamista Ennada finanziato dai fratelli musulmani.
Però c’è un limite alla realpolitik europea, non può calpestare solidarietà, dignità e rispetto della vita umana quando si tratta dei più deboli, dei profughi, di donne incinte e bambini. Anche perché finora questa strategia si è rivelata fallimentare con Libia e Turchia con cui è stato a suo tempo firmato un accordo che finanziarizza i controlli delle partenze degli stranieri verso le coste Ue. E i risultati si vedono ogni giorno a Lampedusa e nelle galere libiche o sulla rotta balcanica. La Tunisia ha già ricevuto 55 milioni dal 2017 al 2022 per fermare le partenze, ma quando non le è convenuto, ricordiamocelo, non lo ha fatto provocando cinicamente morti e costi umani elevatissimi per batter cassa. Altrimenti non avremmo nel 2023 il record degli arrivi in Italia dal 2017 – nonostante gli sfracelli promessi in campagna elettorale dal duo Meloni Salvini – né avremmo dovuto assistere a due tragici naufragi in sei mesi come quello di Cutro quello di Pylos.
E se Ursula von der Leyen con la firma di domenica ha voluto strizzare l’occhio ai conservatori in funzione probabilmente della futura alleanza elettorale con i popolari per le europee 2024, l’Europa del 2030 non può ridursi a un’alleanza ad esclusiva di vecchi ricchi e paurosi che edificano muri. Perché è nata da un patto di pace per proteggere la democrazia con lo sviluppo e per dire mai più alle persecuzioni, Questa è la vera forza morale di una Ue disarmata e senza esercito il cui DNA è stato invece svilito dal punto numero cinque del patto di Tunisi.
Paolo Lambruschi