Si parla sempre più spesso di comunità. In tempi di individualismo imperante, il richiamo alla comunità sembra diventato un imperativo per tentare di recuperare una dimensione più umana e rassicurante di fronte alle paure derivanti da cambiamenti sempre più indecifrabili, dalla globalizzazione allo strapotere della tecnica.
La comunità diventa richiamo alla tradizione e ai presunti bei tempi andati per un conservatorismo che sogna un ritorno a una rassicurante dimensione identitaria e spesso localistica.
Di converso, per il progressismo la comunità è un approccio solidaristico come antidoto alla spersonalizzazione di un mercato che tende ad escludere i più deboli.
La comunità è un luogo necessario per poter esprimere a pieno le proprie potenzialità e per non soccombere di fronte alle sfide che paiono essere troppo grandi per singoli individui.
Ma di quale comunità si va parlando?
La comunità viene definita come un insieme di persone unite tra di loro da rapporti sociali, linguistici e morali, vincoli organizzativi, interessi e consuetudini comuni. Ma come si manifesta concretamente oggi?
L’impressione è che siano sempre più diffuse comunità artificiali, virtuali, se preferite, senza effettive relazioni basate su esperienze comuni e consuetudini rafforzate da esperienze di vita.
Le stesse istituzioni civili si basano sulla comunità come nucleo fondamentale di una convivenza che non può essere costituita solo da una molteplicità di individui, ma deve contare su una rete di relazioni che costruiscono legami sociali capaci di generare valori condivisi.
Non è un caso che la nostra Costituzione riconosca le comunità fondamentali che compongono la società, dalla famiglia alle altre aggregazioni sociali fondate su relazioni che non vengono create, ma riconosciute dallo Stato. Un’impostazione radicalmente diversa rispetto a quella di regimi totalitari (il fascismo in Italia) che hanno l’ambizione di creare e organizzare forme di convivenza sociale eliminando, nei fatti, le comunità libere e volontarie.
Ma esistono ancora queste comunità? Non c’è il rischio che le si evochi, ma che siano sempre più fragili e sfibrate?
Ci lasciamo con questa domanda, ma torneremo presto sulla questione, anche per interrogarci su partiti e comunità.
Fabio Pizzul