Milano riesce sempre a sorprendere per la sua capacità di ripartire dopo momenti difficili.
Lo ha confermato il post-pandemia e lo raccontano, quasi stupiti, gli autori del Rapporto sulla città 2022, presentato a fine marzo presso la Fondazione Ambrosianeum. Dopo trent’anni di onorato servizio, il Rapporto chiude un ciclo e raccoglie i contributi di chi in questi anni è stato vicino alla Fondazione Ambrosianeum, guidata da Marco Garzonio, che, non a caso, conclude il volume proponendo un suo sogno per Milano, il “museo del sogno”. Forse è proprio la capacità di sognare, di immaginare e progettare se stessa nel futuro quello che è mancato e manca ancora oggi a Milano.
La città è ripartita, dopo l’arresto cardiaco del Covid, ma lo ha fatto in modo spontaneo, quasi casuale, senza che ci fosse un sogno, un progetto per cambiare o, almeno, individuare un possibile modello di sviluppo.
La forza di Milano è anche questa, ovvero la capacità di lasciar fare a tutti coloro che vogliono mettersi in gioco, investire, scommettere su se stessi per costruirsi un futuro che diventa, così, anche futuro per la città. Milano rifugge dalle etichette e dalla pianificazione dall’alto, ma rischia così di favorire le disuguaglianze e di approfondire il solco tra chi riesce a stare al passo con una città ormai globale e chi si sente escluso e vive ai margini o è addirittura costretto ad abbandonare la città.
A Milano si corre e non si ha tempo di pensare, ma questo rischia di diventare un grosso problema se si perdono di vista il senso e la meta di questa corsa: non ci si può limitare a consumare tempo e risorse in un’apparentemente infinita volontà di crescere, è necessario capire come generare relazioni e vita buona nella città. E’ la funzione della politica e, prima ancora, della cultura. Non basta far funzionare la città, serve guidarla verso uno sviluppo che la renda abitabile e promettente per chi ci vive. Perché la città funzioni può anche bastare un bravo manager, perché la città viva e sogni il proprio futuro servono uomini di cultura e buona politica.
Fabio Pizzul