La compassione è lunga 16 km, tanto dista Cutro da Crotone. Ma Giorgia Meloni non affronta quel viaggio. Anche la pietà è a 16 km; ma Giorgia Meloni presiede un Consiglio dei Ministri lanciato a inseguire gli scafisti (via mare? O terra? In volo?) per l’intero globo terracqueo e non ha un attimo per inginocchiarsi davanti alle bare scure e bianche, di adulti e bimbi, di uomini e donne identificati o ignote vittime della speranza. La prossimità è a 16 km, ma Giorgia Meloni vuole interrogare lei i giornalisti, che insistono con domande secondo deontologia professionale e umana vicinanza ai naufraghi e alla verità. Gli occhi negli occhi dei parenti lasciati per nove giorni a dormire per terra, senza servizi igienici, coi pasti portati dagli abitanti scossi e inteneriti sono a loro volta a 16 km, ma Giorgia Meloni evita quegli occhi: fa annunciare da una nota che li riceverà a Palazzo Chigi. Stavolta sono i parenti a non fare 600 km da Crotone a Roma: si rifiutano di lasciare bare, miseri giacigli, il mare che forse restituisce ancora qualcuno o un oggetto che assicuri la memoria d’un parente o d’un amico. Han fatto bene a non mettersi in viaggio: non sarebbero neanche riusciti a trovarla Giorgia: donna, madre, cristiana, italiana. Era uscita per andare alla festa dei 50 anni del suo alleato in Decreti e Sicurezza Matteo Salvini, insieme a Berlusconi. Nessun moralismo: solo riserbo, discrezione; non karaoke, risa, esibizioni social. Se no piovono peluche, simbolo di rabbia e consolazione. Quelli dei parenti delle vittime e cittadini sul corteo ministeriale a Cutro; altri esposti sulla riva dello Ionio zuppi d’acqua, sale, sabbia, dolore, però intrisi ancora di sogni e di speranza. Questa, seppellita con le vittime, risorge in migliaia di cuori italiani e stranieri: dopo la quaresima è Pasqua! Lo grida la croce ieri piantata sulla spiaggia: riconoscere e farsi carico di errori, ignavie, infedeltà alla vita, pentirsi, cambiare mentalità e comportamenti, restituire umanità e idee alla politica. Pasqua non è creder che si possa rendere “normalità” i morti di Cutro o dimenticare vedendo nei tg altri salvataggi in atto. Si può far diverso che soccorrere? Diabolicum perserverare.
Marco Garzonio
Necessarie e giuste parole … Le sottoscrive il nipote di un adolescente armeno, Yerwant Arslanian, che, nel 1880 ca., giunse a Venezia, clandestino su una nave partita da Trebisonda, sul Mar Nero. Lasciava la sua famiglia in Turchia, che venne quasi tutta sterminata trentacinque anni dopo. Venne accolto, poté studiare, laurearsi, diventare un clinico famoso, professore universitario. Lo conobbi prima che morisse nel 1948 e ne conservo un bellissimo ricordo. I figli, mio Padre Yetwart e mio zio Kayel, furono professori universitari, come pure alcuni miei cugini, della terza generazione … La sua vita è narrata nel “Dizionario biografico degli italiani” e la sua storia potrebbe essere quella di tanti profughi disperati di oggi, fuggiti come lui dai medesimi luoghi, attraversando il Mediterraneo. Ma allora in Italia si trovava accoglienza, sostegno, futuro.