La messa in ammollo di don Mattia ha catalizzato l’interesse di moltissime persone, con tanto di prese di posizione ufficiali di diocesi e autorevoli commentatori sui media nazionali.
Nulla da aggiungere sull’inopportunità del contesto in cui si è celebrata la messa, con totale assenza di quei segni che liturgicamente hanno un valore che non può essere trascurato e sono parte integrante della sacralità della celebrazione, che non può mai essere trascurata o banalizzata. Lo stesso don Mattia lo ha riconosciuto nella lettera con cui ha voluto chiedere scusa per aver creato scandalo, per dirla con un’espressione evangelica.
Vorrei però schierarmi decisamente dalla parte di don Mattia riguardo la scelta ostinata di voler celebrare a tutti i costi la messa con i suoi ragazzi, al termine di una settimana dedicata alla legalità.
Mi pare che in quella celebrazione non ci fosse alcuna intenzione di ostentare scarso rispetto per l’eucaristia, quanto piuttosto la voglia di condividere, celebrando il momento centrale della fede cristiana, il culmine di un percorso di comunione regalato ai ragazzi.
A costo di sembrare irriverente, preferisco la scelta, certamente superficiale, ingenua e di don Mattia a quella di chi si nasconde dietro il formalismo delle celebrazioni e della liturgia perdendo di vista la condivisione e la vita concreta delle persone.
Mi interrogherei piuttosto sul ruolo dei social e dei media in questa vicenda.
Se la foto della celebrazione incriminata non fosse finita, dopo pochi minuti, sui social, non saremmo qui a parlarne e don Mattia non sarebbe ora addirittura indagato dalla procura di Crotone per “offesa a una confessione religiosa”. Francamente questa potevano risparmiarsela: le offese alle confessioni religiose arrivano quotidianamente in ben altri modi e da altri personaggi.
Creare tutto questo clamore attorno alla scelta, infelice, di celebrare la messa in acqua da parte di un prete che decide di dedicare parte della sua estate a un gruppo di adolescenti per condividere con loro un percorso di educazione alla legalità mi pare quanto meno miope o strabico. Preferiamo forse i preti che si rintanano in qualche resort con aria condizionata e celebrano da soli, magari dopo aver devotamente postato su Facebook un pensiero sul santo del giorno? Evito altri esempi e mando un abbraccio a don Mattia che, credo, d’ora in poi sarò molto più prudente nella scelta dei luoghi in cui celebrare.
