“I fatti sono forse più modesti. L’abdicazione dei poteri statali era giunta a tal punto , che oramai i fascisti non avevano che da allungare la mano per cogliere il frutto maturo delle loro opere”. Così Pietro Nenni commentava sulle colonne dell’Avanti del 14 novembre 1922 quello che era accaduto dopo la marcia su Roma di qualche giorno prima, esattamente 100 anni fa, il 28 ottobre 1922. Era l’atto simbolico della presa del potere da parte di Benito Mussolini, un atto che avrebbe potuto trasformarsi in grottesco fallimento se le istituzioni non fossero crollate “senza dignità” provocando “l’umiliazione di tutti i poteri dello Stato, nessuno escluso”, come chiosava amaramente il 2 novembre di quello stesso anno l’allora direttore del Corriere della Sera Luigi Albertini.
A cento anni di distanza non è consentito alcun parallelismo politico con quanto accaduto in questi giorni, anche perché la differenza tra elezioni e umiliazione dello Stato è evidentissima e inconfutabile. Nel 1922 la presa del potere di Mussolini fu accompagnata da un clima di violenza che portò a un progressivo arretramento della legalità e a brutalità di fronte a cui istituzioni e opinione pubblica non levarono voci di condanna o di protesta; c’era, anzi, chi guardava con favore alla possibilità di superare le eccessive aperture sociali degli anni precedenti.
Quello che lascia sgomenti, guardando ai fatti di un secolo fa, è la banalizzazione di quanto stava accadendo e l’idea che, tutto sommato, non valesse la pena di preoccuparsi poi così tanto di fronte a quello che, al più, si poteva considerare un crescendo goliardico. Il passo verso la dittatura fu poi breve.
Le istituzioni, così come la democrazia, sono strumenti fragili e delicati, che vanno curati e praticati perché possano reggere all’inevitabile usura degli anni. Lo si può fare con il rispetto delle regole da parte di chi governa e con la partecipazione attiva di tutti i cittadini: l’indifferenza è uno dei mali striscianti di ogni tempo ed è il cancro che può corrodere la democrazia. Chi decide di non scegliere apre la porta a qualsiasi soluzione, anche quelle più estreme.
Fabio Pizzul